Di mestiere faccio il linguista 28. Un pezzo di storia (linguistica) salentina

di Rosario Coluccia

Oggi racconto un pezzo di storia (linguistica) salentina.

Nell’ultimo decennio del sec. XIV Sabatino Russo, un mercante ebreo di Lecce (più volte si autodefinisce «judio de Leze»), organizza con il veneziano Biagio Dolfin una società per commerciare in Levante. Dopo un avvio favorevole, il rapporto va male perché una nave carica di frumento, di formaggio e di carne salata destinati a essere venduti viene assaltata dai predoni: si trovava «intru lu portu di Nyrdò» (verosimilmente l’odierna Santa Maria al Bagno, o forse Santa Caterina), salpa per rifugiarsi a Taranto (luogo più sicuro, il Mar Piccolo si difende meglio), viene raggiunta dagli assalitori perché «mancò lu ventu e ffo bynaza» (‘mancò il vento e fu bonaccia’), viene depredata, con conseguente perdita dell’intero carico (e quindi delle somme investite). Questi fatti vengono riferiti dallo stesso Sabatino Russo in cinque lettere, verosimilmente autografe, indirizzate a Biagio Dolfin in Venezia, nel periodo compreso tra il 7 maggio 1392 e il 18 ottobre 1403. Ma forse le cose non andarono proprio così. Sulla verità delle affermazioni del Russo insinua pesantissimi dubbi una sesta lettera di un altro scrivente salentino, Mosè de Meli (anch’egli ebreo, a giudicare dal nome), il quale rivela al veneziano Dolfin come in realtà il Russo l’abbia truffato, fingendo che ci sia stato il furto della merce e appropriandosi invece dei denari della compagnia.

Non sapremo mai come sono effettivamente andate le cose tanti secoli addietro, non esiste altra documentazione, oltre alle lettere di Sabatino Russo e di Mosè de Meli conservate nell’Archivio di Stato di Venezia. Nulla che ci aiuti a capire si trova a Lecce e in Salento, questa è una costante della nostra storia: pochissime sono le memorie scritte o i documenti rimasti in sede, moltissimo è andato disperso o distrutto. Quello che si è salvato si deve, paradossalmente, al fatto che sia stato portato o trafugato altrove, dove altri hanno saputo custodire e conservare quello che questa terra ha trascurato. Conclusione. La storia linguistica e culturale del Salento medievale non si può fare in loco, i documenti salentini da leggere e da studiare si trovano altrove, nella Biblioteca Apostolica Vaticana, nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, nella Biblioteca Comunale “Augusta” di Perugia, nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi, o ancora più lontano.

Questa voce è stata pubblicata in Di mestiere faccio il linguista (prima serie) di Rosario Coluccia, Linguistica e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *