“Zibaldone Salentino” di Gianluca Virgilio

La scrittura come antidoto al peggio e al nulla

di Gigi Montonato

In un libro strutturalmente frammentario, composto di flash di pensiero critico sui più disparati motivi di riflessione quotidiana, famigliari memoriali professionali, è un rischio tentare sintesi; sarebbe come cercare la quadratura del cerchio. Il bandolo della matassa, se così si può dire, è tuttavia possibile individuarlo nell’approccio ideologico diffuso.

Emerge dalla lettura del nuovo libro di Gianluca Virgilio, Zibaldone Salentino, Prefazione di Antonio Prete, Galatina, Edit Santoro 2020, pp. 150, un sottile filo conduttore, la scrittura, che attraversa la condizione dell’autore, lungo due costanti: pessimismo e nichilismo, che si acquietano in una sorta di compostezza interiore, a tratti appagante. Lasciare che le cose del mondo vadano così come vanno (Teoria del turacciolo). L’autore è consapevole che si vada verso l’omologazione degli individui, verso un potere anestetizzante, che mentre ti sottomette e ti annulla in quanto tale ti fa sentire libero. L’umanità corre verso il suo annientamento nell’eutanasia. Per fermare questa corsa non c’è nulla di efficace, di decisivo. Resta la scrittura con la sua funzione autorisarcitoria. Un naufragare leopardiano, ma senza il dolce smarrimento dell’infinito.

Virgilio non ha vissuto per ragioni anagrafiche il Sessantotto e dunque non ha della scrittura un’idea strumentale, quando ci si serviva di tutto, e dunque anche della scrittura, per lottare. Per Virgilio scrivere è una condizione e una necessità alla stregua di altri “atti vitali”, che sono sempre sollecitati. “Forse non ci sarebbe scrittura – dice – se non ci fossero situazioni costrittive, tali da rendere necessario e irrinunciabile il ricorso alla scrittura medesima come forma di liberazione”. Per lui è sempre una questione personale, soggettiva, che gli nasce e muore dentro. Non è mai uno strumento di lotta, semmai è il modo per trovare motivi acquietanti. Per la lotta la scrittura non serve; anzi la lotta stessa – sembra voglia dire – è inutile. Tanto, non cambia niente, se perfino chi ti dovrebbe far raggiungere un obiettivo alla fine ti porta al suo opposto.

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