Disegnare il futuro: Al mercato dell’usato (Catalepton) di Paolo Vincenti


Già, dove si trovano le metafore, dove cercarne? Forse siamo troppo legati a immagini astratte, anima, sogni, fantasie, sentimenti affettati, sensibilità strenuamente esibite, le discese ardite e le risalite; c’è un altro deposito in cui rovistare, ed è quello cioè delle immagini che nascono dall’esperienza. Le metafore che urtano i denti di Vincenti, cercando di uscire, somigliano molto alle omeriche parole che fuggono dalla chiostra dei denti. La partita si gioca chiaramente in campo letterario, le questioni che premono, anche quelle più intime, ricevono un vestito confezionato con fili, stoffe, bottoni, accuratamente selezionati nel magazzino delle opere composte da altri espertissimi sarti. Nel mercato dell’usato si trovano tesori sorprendenti, e la stessa decisione dell’autore di riproporre una raccolta di testi già composti e pubblicati ha il sapore della scoperta, di una rivalutazione severa del lavoro già svolto, piluccando gli acini più dolci, o più amari, o più densi di significato, ridando ad essi nuova vita (“quei soliti olivi / nuovi ulivi saranno”). Il presente costruisce se stesso rivendicando i suoi diritti sul passato.
Infatti, “i tempi cambiano / e niente più ritorna come era /… / le cose vanno e non tornano”; niente resta uguale a se stesso, che vuoi farci? Il tempo cammina imperterrito, opporsi alla sua marcia non ha senso, ed è inutile, forse, anche cercare un senso a quella marcia, agli orrori, alle paure, ai guasti, alle lacrime che la accompagnano: gli dei non forgeranno una nuova umanità, e spaventa la conferma che questo in cui viviamo sia davvero il migliore dei mondi possibili. Tra desideri, eccessi e malinconie, solo le illusioni rischiano di avere qualche consistenza; e con esse i versi potranno restare: “Prima che arrivi in fondo all’Ade caliginoso e che Cerbero tricipite mi veda, usciranno versi di lucida follia da questa bocca di notturno cantore errante”.
Almeno, il poeta un destino prova a disegnarlo, ma, paradossalmente, non lo riguarderà, dopo che avrà varcato la soglia, anche se altri ameranno leggere i suoi versi, lui non potrà goderne. L’immaginario di Vincenti è governato dai temi classici, dai quali deriva la stessa percezione dell’aldilà, in cui regnano l’indifferenza e la deprivazione. Ma se la vita degli uomini è interamente irrazionale, allora tanto vale abbandonarsi all’irragionevolezza, a Dioniso e ai suoi doni, che siano transe, abbandono, sfrenatezza, ubriachezza, festa. L’enfasi, la ricerca del linguaggio figurato, fanno poi la loro parte nel consegnarci un lavoro davvero interessante che certo non rischia di lasciarci indifferenti.

[Paolo Vincenti, “Al mercato dell’usato (Catalepton)”, di Eugenio Imbriani, in “Il Nostro Giornale”, Supersano, luglio 2021]

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