Inchiostri 57. Territori del vedere

di Antonio Devicienti

L’artista non è illusionista d’immagini o di pensieri. Guarda (sì, letteralmente: guarda) gli oggetti di Donald Judd e vedrai rendersi visibile lo spazio geometrico dentro cui il corpomente sta immerso; muoviti tra quelle geometrie, inquadrale con lo sguardo e spostati continuando a guardare, vedrai le variazioni delle proporzioni, della luce, dei rapporti angolari.

Sarà ritmo di forme e di colori, sarà liberazione dall’illusione rappresentativa, sarà il pensiero che si riconosce dentro lo spazio del respiro e della visione e che svanirebbe fuori da quello spazio, fuori da quel vedere, toccare, percepire.

Se Donald Judd applica in più di una sua realizzazione la serie di Fibonacci (e lo stesso fa Mario Merz, com’è noto) è per guidare il pensiero dentro le progressioni aritmetiche della natura, per mostrare l’interconnessione tra il mondo modificato dall’uomo e la natura che lo accoglie; se impiega forme perfettamente geometriche e materiali industriali e forme seriali è per distruggere l’illusione naturalistica di marca europea.

Rileggo Nach der Natur di W. G. Sebald, dalla XIII parte del secondo poema (Und blieb ich am äußersten Meer), dedicato al naturalista Georg Wilhelm Steller che prese parte alla spedizione durante la quale Vitus Bering scoperse l’omonimo stretto tra Asia e Alaska, annoto:

Nahe war er daran, bergwärts / immer nur weiterzugehen, hinein / in die kühle Wildnis, aber die Konstruktionen / der Wissenschaft in seinem Kopf, / ausgerichtet auf eine Verringerung / der Unordnung in der Welt, / widersetzten sich diesem Bedürfnis – fu prossimo a continuare a dirigersi / sempre e soltanto verso le montagne, fin dentro / la fredda natura selvaggia, ma i modelli / scientifici nella sua mente, / intesi a diminuire / il disordine del mondo, / si opponevano a questo bisogno.

È qui la cesura, radicale, tra la ragione di marca illuministica ed europea e quello che quest’ultima considera caotico, irrazionale, oscuro. Ma l’arte deve, accogliendo in sé il caos e l’enigma, addentrarsi negli spazi della visione, cercare quegli ardui passaggi tra i continenti che immettono nell’altrove del pensiero, nei modi altri e inediti del vedere.

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