Inchiostri 109. Leggendo Cristina Annino

di Antonio Devicienti

Cristina Annino (da Chanson turca, LietoColle, Faloppio 2012, pag. 20).

Concentrazione guardando Hopper

Corre vento tra
loro due, nel silenzio ch’è
l’udito maggiore. Si sente
le mani infinite già dentro
lo spirito. Così ascolta
nell’aria le mosche – basta
un paio – spaccare in volo
la trave. Per teoria del corpo
innalza il viso a quel
tronco docente di
dolore, lo mastica (ci sa
fare perdio) con gote di
grazia orrenda o legna
di camino un focaio.

La poesia antilirica di Cristina Annino, così determinata a fare i conti sia con la lingua usurata e colloquiale del sermo cotidianus sia con l’insospettabile capacità di metamorfosi e d’illimitata inventività della stessa, trova in un artista come Edward Hopper un interlocutore privilegiato.

Nel caso qui citato l’impressione è che siamo davanti a un’ékphrasis la quale sembra proporsi come eco di suggestioni hopperiane.

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