Noterellando… Costume e malcostume 4. La nuova Agorà (nel bene e nel male)

Divagazioni sentimentali, alle quali – perdonate – spesso non so resistere. E che tuttavia credo siano utili a meglio introdurre certi argomenti, come quello di oggi, che un po’ si rifà alla piazza, la nostra chiazza di una volta, l’antica agorà greca, eletta quasi a luogo sacro, col ruolo comunque di “cuore” della città. E della vita.

Oggi la nuova Agorà (nel bene e nel male) è il Supermercato, e ancor più il Centro Commerciale. Si va al Centro Commerciale non tanto per comprare qualcosa ma per stare in mezzo alla gente, per incontrare persone che non conosceremo mai, e che a loro volta si sentono parte attiva di questo convulso ed eccitante ‘movimento’, in un’atmosfera di animazione a suo modo festosa, ma anche un po’ caciarona, e non di rado sgarbata.

Nel comportamento della ‘folla di piazza’, le differenze fra ieri e oggi sono diverse e  molteplici. Pur nel disordine congenito del ‘mercato’, il comportamento del popolo di una volta – per quanto in maggioranza umile e contadino, e solo in parte imborghesito – era di certo assai più ‘responsabile’, adoperando d’istinto le buone maniere, e con un rispetto diffuso, che tratteneva le sregolatezze e gli eccessi oggi diventati di gran moda. Eccessi che vanno: a) dal parcheggio dell’auto in doppia fila; b) al disfarsi del volantino delle offerte speciali o del bustone vuoto delle patatine, gettandoli regolarmente per terra; c) all’uso abnorme della comunicazione elettronica supersofisticata, blaterando con voce altisonante, e con grasse estrinsecazioni; d) al pestarti un piede senza neppure chiederti scusa (ed anzi guardandoti in cagnesco con un’espressione che sembra dire: “Ma ti vuoi levare dalle scatole?!”)… E via discorrendo, a vostro piacere.

Se poi t’infili in un supermercato, sperando di trovarvi un minimo di rilassatezza, alla ricerca del pezzo e del prezzo migliori, superate le varie file, code, assembramenti e adunanze per gli immancabili assaggini gratuiti al banco-gastronomia, ecco, infine che ci si ritrova al fatidico reparto “Frutta & Verdura”.

Probabilmente, a lu Donatei, quando ci andavo con mio padre, sessanta e più anni fa, le condizioni igieniche della compravendita di frutta e verdura erano decisamente migliori. È vero che le rape o le arance o i peperoni venivano avvolti e venduti dentro carta di giornale (un derivato del petrolio, tanto quanto le famigerate buste o sacchetti di plastica di oggi), ma la frutta e la verdura, a lu Donatei, non la potevi neanche sfiorare, né scegliere, né tampoco “mmustunisciare” con le mani: te la dava lui, e solo lui, avendo – prodigiosamente – le mani del tutto “verdurizzate”…

 Dice: ma oggi ci sono i guanti, e per di più biodegradabili. Appunto! Ma chi li usa, i guanti? Fateci caso. Solo pochissimi. Eppure, ritengo che usarli sia una gran libertà, oltre che una prova di civiltà semplicissima.

Ora – senza voler fare lu sufisticu e senza voler apparire un igienista estremo (li ho anch’io, i miei difettucci…) – è accaduto, un giorno, che al reparto frutta e verdura del supermercato di mia abituale frequenza, ho preso un guanto e l’ho offerto, con un sorriso il più premuroso e garbato possibile, ad una signora che, con le mani mobilissime (sembrava che ne avesse più della dea Visnù!), stava letteralmente rovistando da sopra a sotto un cumulo di pesche, tastandole, scostandole, voltandole, ripalpandole, annusandole, sballottolandole e ritoccandole, senza peraltro decidersi a sceglierne una!

Quando la signora mi ha finalmente notato, con quel guanto proteso verso di lei, e ne ha compreso benissimo il motivo, ha guardato il guanto, ha guardato me, e mi ha detto, seria: «No, grazie. Sono allergica alla plastica». Proseguendo candida nei suoi giocondi palpeggiamenti.

Così va – talune volte – il mondo.

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