Lettere di Cesira Pozzolini Siciliani a Luigi Mezio

Luigi Mezio fu capitano della seconda compagnia della Guardia Nazionale, istituita con dispaccio del 15 novembre 1860 che, abolita la vecchia Guardia Urbana, “doveva sorgere dal seno dell’elemento liberale, di carattere nazionalista e popolare, e come tale si fece dipendere direttamente dal Comune, per la sicurezza della città; dal Prefetto della Provincia, per il servizio di pubblica sicurezza; e dal Generale Comandante il Corpo d’Armata, Generale Lamarmora, per la salute generale dello stato”.(4)

Nelle lettere di seguito pubblicate, il tono spiccatamente familiare e avaro di notizie sui grandi eventi della storia nazionale e municipale, ci permette -anche se solo nell’impressione che ne riceve Cesira- di aggiungere dei dati alla personalità, scarsamente delineata, del “carbonaro” Luigi Mezio dalla locale storiografia.

 Come risulta dall’atto di battesimo conservato nella parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in Galatina, Luigi nacque il 25 marzo del 1812 da Michelangelo e Maria Teresa Calò (5) ebbe sei figli, nell’ordine: Giovanna (n. 1844), Giulia (n.1846), Rosa (n.1849), Michele ( n.1851), Francesco(n.1854), Pietro(n.1862).

Michele studiò giurisprudenza a Napoli e fu sindaco di Galatina dal 5 aprile 1891 al 24 settembre 1894. Dei figli maschi si sposò solo Francesco con Angiola Caputi-Jambrenghi di Ruvo di Puglia, ma non ebbero figli. La discendenza fu assicurata dal figlio di Rosa e di Gaetano Galluccio: Luigi, che aggiunse il cognome della madre al suo per eluderne l’oblìo.

La pubblicazione di documenti che confermerebbero l’appartenenza del Mezio alla setta degli Ellenisti, insieme al fratello Giovanni, e “riunioni settarie, nel 1826,”compare nel 1972, anche se, sulla questione delle sette è imprescindibile punto di riferimento il lungo studio di G. Vallone che ha per esito il corredatissimo volume su Liborio Romano (6).

Il tono poco ufficiale presente nelle lettere, conferma un rapporto autentico, di cui vi è traccia anche nel carteggio di Luceri e ciò grazie alla non intenzionalità delle fonti di cui la scrittura epistolare è esempio.

La prima lettera reca la data del 7 settembre 1869, fu spedita da Firenze, non erano ancora trascorsi dieci anni dallo sbarco di Garibaldi a Marsala e dunque alla partecipazione di tre galatinesi come volontari nelle camicie rosse: Gioacchino Toma, Pietro Andreani dei baroni di Santa Barbara, sacerdote, e Antonio Contaldo; e due anni dall’epidemia del colera che portò alla morte 857 abitanti su 9550; solo tre anni erano passati dalla vittoria di Bezzecca grazie ai “Cacciatori delle Alpi” di Garibaldi e alla manifestazione delle donne a Venezia per la loro condizione di “cittadine senza cittadinanza”.

 La seconda lettera è priva di luogo  e di data, ma nel testo si fa cenno a Bologna, ed è probabilmente coeva a quella del 1869; esse sono entrambe listate a lutto.  Su quella senza data compare un monogramma “CS” eseguito finemente ad inchiostro che, nelle lettere successive comparirà a stampa.

Dal 1867 al 1885 i Siciliani vissero a Bologna dove Pietro ricopriva l’incarico di professore di filosofia teoretica all’Università, mentre Cesira animava settimanalmente un salotto culturale, come già sua madre Gesualda (alla fine degli anni ’50) ed Emilia Toscanelli Peruzzi ( il “Salotto Rosso”) a Firenze.

  Durante gli incontri culturali a casa Siciliani, Cesira offriva ai suoi ospiti prelibatezze galatinesi e  tra queste, sembra fosse  molto apprezzato “il Mezio” (“chè il suo vino qui porta il suo nome” , “Oh a quanti vini stranieri il suo fu paragonato! Ma il biondo liquor della sua vigna fu a tutti preferito.”) e Pietro non disdegnava i torroncini di Felice Ascalone.

Le  lettere successive  sono datate 19 marzo 1870, pochi mesi prima della breccia di Porta Pia;  21 aprile 1873 e 4 aprile e 19 dicembre del 1876. Furono spedite  tutte da Bologna.

Il tono confidenziale con cui Cesira Pozzolini rivolge le sue parole a Luigi Mezio e l’accenno all’ospitalità ricevuta nella villa Tabelle (“Casino lungo la via di Gallipoli”)

e nel palazzo Mezio, di cui ammira “il bel terrazzo” a Galatina, confermano un legame di affettuosa amicizia e di generosità di intenti da entrambe le parti, suggellato dal desiderio di Cesira di ricambiare l’invito estendendolo anche alla moglie del Mezio (Maria Antonia Dolce) e alle figlie (Giovanna, Giulia e Rosa) .

Sorprendente appare, in alcuni passaggi, il tono affettuoso di Cesira vicino alla naturale affabilità di un legame parentale. Tale, ad esempio, il sincero sconforto  nei righi in cui fa cenno alla malattia della sorella Antonietta, che condurrà la giovane ad una morte prematura, per tubercolosi, proprio nei giorni precedenti al suo matrimonio.

Nella lettera del 19 marzo 1870 compaiono, contestualmente, un’aggiunta di Pietro Siciliani a Luigi Mezio e al fratello, l’arciprete Rosario Siciliani. Dalle parole del filosofo e pedagogista galatinese traspare la medesima affettuosa confidenza: vi è l’accenno a Michele Mezio, allora studente in giurisprudenza a Napoli.

Grazie al contributo di Aldo Vallone comparso in Studi e ricerche di letteratura salentina, recentemente pubblicato da Congedo in ristampa anastatica (7), abbiamo un’idea più completa della Pozzolini, quale autrice, cioè, di numerosi saggi pubblicati per lo più sulla “Nuova Antologia” e sulla “Rassegna Nazionale”(bellissimo il suo “bozzetto storico” Volognano in Valdarno, dalla amabile prosa di metà Ottocento).

 I primi, bozzetti di viaggio di  itinerari consueti, riguardano: Napoli, Capri, Pompei, e seguono di un paio di anni il soggiorno salentino. Nell’elenco pubblicato da Aldo Vallone compare uno studio di Cesira sui Martiri Otrantini  interesse nato, probabilmente dai  suggestionanti racconti dei molti amici salentini e dell’ipotizzabile contatto diretto con il luogo dell’eccidio.(8)

Il particolare riportato dal prof. Vallone che sicuramente fa riflettere sul carattere di Cesira è il cenno – poco gentile- appuntato da Carducci in una lettera:

“Professoressa è la signora Cesira Pozzolini, figlia della signora Gesualda, notissima chiaccherona di Firenze, e moglie del buon filosofo Pietro Siciliani. Allieva del Thouar, di Giuliani, di Vannucci, figlia di una madre che aveva a conversazione il Niccolini; lascia dire a lei, e lascia fare a lei. Ha un naso un po’ lungo anche ella: e ripete qualche volta a memoria degli squarci di Dante, ma non capisce nulla in poesia.[…]è un po’ troppo sbilungona, è un po’ secca e minaccia di finir tisica come una  sua sorella che era veramente carina, benchè tutti i pedanti fiorentini me n’avessero fatta una pedantina. Oh come è orribile questa pedanteria popolaresca, educatrice, bambinaia, asiliera, scolastica, toscaneggiante! Dio te ne liberi, il buon Dio de’ Greci, povera Lina mia!…”(9)

Nel gennaio 1873 Carducci fu presentato a Clara Maffei, grazie all’interessamento di Carolina Cristofori moglie del generale Domenico Piva. Il poeta maremmano non risparmiò neanche la contessina Chiarina Carrara Spinelli, a noi nota grazie agli scritti  di  Raffaello Barbiera (10) come patriota del Risorgimento e anima del famoso salotto -dapprima letterario, successivamente politico-, rendendola oggetto di un pungente appunto nell’uso dell’italiano:

“Conosco l’apprentissage dell’alta scuola milanese, un che tra l’aristocratico svanito e insipido e il borghese alla vainiglia. E’ un genere che amo e gusto pochissimo, benchè mi piaccia infinitamente la signora Clarina, che mi apparve molto, molto superiore alla sua fama, se bene dai brevi biglietti che mi ha mandati non sembri molto sicura nemmeno ella in quella brutta faccenda che è lo scrivere.”

Così Lina Iannuzzi  al proposito: “Vien da sorridere a questa conclusione del poeta toscano che, senza volerlo, si richiama al grave problema dell’unificazione della lingua e forse non sa, che gli esponenti della haute lombarda, fin da giovanissimi, imparavano bene il francese, ma non sempre quella che sarebbe diventata la lingua di tutta la nazione italiana.  (11 )

La spontaneità di Cesira e la sua capacità di adattarsi alle diverse persone e situazioni che le proviene dall’ambiente familiare così ricco di relazioni e di ideali, la trova impegnata l’anno in cui scrive l’ultima lettera al Mezio (pochi mesi prima della sua morte) nella pubblicazione su “Illustrazione Italiana” di un articolo dedicato a Luigi Settembrini e al suo incontro con il figlio durante l’esilio. Un breve stralcio di esso è riportato dal Duca Sigismondo Castromediano nelle sue Memorie, il quale parla di Cesira come “una mia diletta amica”(12).

Anche Pietro Palumbo le dedica parole lusinghiere riportando le impressioni dell’onorevole Gaetano Brunetti:”…la signora Cesira regina del salotto in via dei Pilastri e in procinto di diventare anch’essa letterata.”(13)

Note

  1. P.Siciliani, Il carteggio familiare di Pietro Siciliani (1850-1914), a c. di Francesco Luceri, Voll. I e II, Lecce,2013, Edizioni Grifo.
  2. M.Romano, Storia di una famiglia borghese. I Vallone di Galatina (secc.XVII-XX),Milano,2003,p.12.

3)V. Zacchino, Momenti e figure del Risorgimento salentino (1799-1861).Il cammino verso l’unificazione visto dal tacco d’Italia,Galatina,2010,p.72.

4 )R.Rizzelli, Pagine di storia galatinese. Memorie, Galatina,1912, p.98-104. ; V.E. Zacchino, Dai moti del Novantanove all’Unità in M. Montinari, Storia di Galatina, Galatina, 1972, pp.281-301.

5) A.P.

6)L. Romano, Scritti politici minori,a c. di G. Vallone, Lecce, Centro di Studi Salentini,2005.

7)A. Vallone, Studi e ricerche di letteratura salentina,Lecce,1959; rist. an. Galatina, Congedo,2013.

8) Grazie a Sigismondo Castromediano si andava organizzando la commemorazione del martirio di Otranto nel IV centenario della ricorrenza, vedi F. Martina, il fascino di medusa. Per una storia degli intellettuali salentini tra cultura e politica (1848-1964),Fasano,1987,p.63. L’autore cita la Pozzolini quale sostenitrice dell’importanza degli studi di storia regionale “impresa colossale e difficile”.

9 )A. Vallone, op. cit., pp.323-324.

10) R.Barbiera, Il salotto della contessa Maffei,Firenze,1915; anche il più ampio Il salotto della contessa Maffei e la società milanese (1834-1886),Milano,1895.

11) L. Iannuzzi, Il carteggio Tenca-Maffei,Napoli,2007,p.71-72.

12) S. Castromediano, Carceri e galere politiche. Memorie del duca Sigismondo Castromediano,Lecce,1896,p.175.

13) P. Palumbo, L’On. G.Brunetti e i suoi tempi,Lecce,1915,p.326-327; a p.280-281 è riportata una lettera di Cesira a Gaetano Brunetti da Bivigliano datata 22 luglio,1866.

N.1

 7 settembre 1869

Gentilissimo Don Luigi

Piero m’incarica rispondere alla gratissima sua, e dirle che ieri, appena ricevuta la lettera, andò dal Direttore del Giornale delle Campagne il quale lo assicurò d’avere spedita costà, un venti [giorni]addietro, la macchina per l’uva e per renderlo via più persuaso gli mostrò i scontrini della Spedizione fatta. Così stanno le cose né più né meno; né io s[o] dirle altro [a] proposito. Ma v[oglio] sperare che a quest’ora la macchina le sia arrivata, e ch’ella già si disponga  a fare il suo ottimo vino. In caso che il ritardo dell’arrivo si protragga ancora ci avverta perché, come Piero ha saputo [che] la macchina è stata spedita, così potrà sapere altre notizie più particolari che aiutino lei a farne ricerca. Noi, ella lo sa, siam qua per servirla: il desiderio di compiacerla c’è sempre, talvolta ci manca il modo o la possibilità, e ce ne duole assai. Da quanto tempo non le scriveva! Caro Don Luigi ,tutte le volte che pensiamo o parliamo di lei gli è sempre con tenerezza! Anche Piero le vuol pur bene! Non dimenticheremo mai tante e tante cortesie ch’ella ci ha usate; e fra le altre la bella giornata che ci fece passare al suo Casino lungo la via di [Ga]llipoli. Come sta don Nicola Pasanisi? [lo] saluti per noi se lo vede. Alla sua Signora e alla sue care figliole stringo di cuore la mano. Oh se ella le conducesse una volta da queste nostre parti!  Ma tornando alla macchina speriamo che ormai la non le dia […]pensiero, e arrivata felicemente sia l’ammirazione di tutti nella sua tinaria.

Se vede l’Arciprete o qualcuno di casa nostra dia le nostre ottime nuove con mille Saluti affettuosi. Riverisco con affetto le care Famiglie de’ suoi parenti, e con grato animo

Mi raffermo

Devotissima Aff.ma

                                                                                   Cesira Siciliani

Firenze, 7 settembre 1869

N.2

Per favore

All’Onorevole

Don Luigi Mezio

Galatina

Gentilis.mo Don Luigi

Mentre da Bologna partiva una sporta con poche ghiottonerie suine anche per Lei che l’Arciprete a quest’ora le avrà mandate in nome nostro giungeva a noi avviso dalla strada ferrata di due colli al nostro indirizzo. La sua lettera ci annunzia il carissimo dono, e stamane abbiamo ricevuto il fiascone e la cassetta in perfette condizioni Don Luigi, sempre buono e gentil e affettuoso e memore amico, ama confonderci con doni così squisiti; e noi, con animo grato e riconoscente, accettiamo le sue buone grazie, e plaudiamo all’eccellenza del vino e dei torroncini. Poche cose potevano giungerci gradite come queste ch’ella c’invia, perché il suo vino è prelibato, e noi ne facciamo gran conto, e i torroni sono i migliori dolci ch’io conosca, e ne son ghiotta assai. Anche gli amici nostri qui, saputo l’arrivo del Mezio (chè il suo vino qui porta il suo nome) si son tutti rallegrati, perché un qualche bicchierino di tanto in tanto tocca anche a loro; e saluti ed auguri non le mancano mai. Ma non sa che cosa ci è accaduto? Nell’estate volemmo lasciare una dozzina di bottiglie del suo vino dell’anno scorso, e prima di partire, le tappammo ben bene a macchina, per trovarle intatte quest’anno. Ma, il proverbio lo dice “Chi serba, serba al Gatto!” il suo vino non è più quello, e aperte due bottiglie intanto l’abbiamo trovato alterato. Piero s’è stizzito, ma di cuore, e si pente di non avere sgocciolato l’anno scorso tutto il caratello. Vuol sapere da lei da che cosa dipenda questa alterazione, e se v’è rimedio. Fortuna che l’arrivo del fiascone lo ha calmato; e io le prometto che quest’anno ce lo beveremo tutto, sin [ ]fondata, se ci sarà, perché al [ ]ci penserà Dio; e io non voglio sull’anima nemmeno il rimorso d’aver lasciato prender lo spunto a questo nettare delizioso. Grazie dunque, caro Don Luigi, e grazie infinite. Noi vorremmo poter fare per lei qualche cosa, e se ci comandasse le saremmo obbligatissimi. La lascio in fretta e saluto con affetto la sua ottima Signora e le simpatiche figlie. Tante cose di Piero e mi creda

Aff.ma Sua

Cesira Siciliani

N.3

Lettera di Cesira con aggiunta di Pietro Siciliani a Luigi Mezio e a Rosario Siciliani

Carissimo Don Luigi

Ma che cosa ci fa? Perché incomodarsi a questo modo per noi? Piero è tutto mortificato; io sono confusa per tanta sua bontà e gentilezza a nostro riguardo. Si figuri se non ci piace il suo vino, e se non gustiamo con infinito piacere gli ottimi torroncini! Ma non li meritiamo ella è troppo, troppo buono con noi. La cassettina e il caratello ci giunsero all’improvviso: come di una di quelle grazie che si ottengono senza sapere quale santo ringraziare. Ed infatti per più di un giorno siam rimasti incerti sulla provenienza di un dono tanto gentile, finchè, ricevuta ieri la sua lettera, ci persuademmo che il bel dono era proprio suo. Ieri sera subito aprimmo il caratello, e assaggiammo l’eccellente vino in compagnia di due cari amici che passavan la serata da noi. Oh a quanti vini stranieri il suo fu paragonato! Ma il biondo liquor della sua vigna fu a tutti preferito. E come ringraziarla, come dimostrarle la nostra gratitudine. Caro Don Luigi? Quanto al vino sono avara, e lo conservo per le occasioni solenni; ma de’ torroncini ho dovuto far parte qui a qualche amico napoletano, e in questi giorni ne manderò anche una porzioncella alla mia famiglia. Quand’ho qualche cosa da offrire a’ parenti e agli amici sono tutta contenta, sicchè immagini come il suo dono per me e per gli altri m’è giunto gradito. Godo che la sua signora e le ragazze abbian buona salute, nonostante l’incostanza della stagione che quest’anno è stata rigida anche costà. Noi che razza di freddo abbiam sofferto! Ora s’incomincia a respirare, ma non si può dire che sia finito l’inverno. Come stanno a casa Siciliani? Domando a Lei se son vivi o morti, perché da un secolo non riceviamo lettere. Me li saluti tutti con grande affetto quei cari cognati, ed ella abbracci per me la consorte e le figlie teneramente. Grazie di nuovo, gentilissimo don Luigi, e se  siam buoni a servirla faccia conto di noi Piero l’abbraccia affettuosamente, io le stringo di cuore la mano e mi dichiaro ora e sempre

                        Aff.ma Sua Cesira Siciliani

Bologna 19 marzo ‘70

Carissimo D.Luigi

Io sono molto dolente dell’incomodo presovi, e ve ne ringrazio infinitamente. Se posso servirvi in qualche cosa, eccomi qua pronto per voi. I miei ossequi a tutti della vostra rispettabile famiglia, e al vostro signor figlio quando gli scrivete: io son sicuro che in Napoli egli si trovi bene a studi[…]non a voi e al paese.

Vi prego di far leggere le poche parole che scriverò a tergo di questo foglio a mio f.llo Arciprete.

Vi stringo affettuosamente la mano e credetemi sempre

                                                                                                                                                                                                                                            Tutto vostro aff.mo

                                                                                                          PSiciliani

Arciprete Siciliani

Cariss.mo Fratello

E’ un secolo che non abbiamo notizie di voi, e a due lettere di Cesira nessuno ha risposto. Saranno forse andate smarrite?

Il tuo compare Luigi ci ha fatto  una sorpresa mandandoci una cassettiera di torroni e un caratello del suo solito squisito vino color d’oro. Rendigliene grazie anche tu per parte nostra.

Baffa, il soldato, partì senza che noi lo potessimo vedere, ma venne due volte in casa, né ci trovò perché eravamo fuori. Ricordati per la sua venuta o con qualche altro mezzo, di mandarmi uno scatolino di polvere per naso.

Addio saluti a tutti i parenti ed amici.

                                                                       Tuo aff.mo Fllo

                                                                                   PSiciliani

DS Il padre Mariasco, che gentilmente viene a trovarci spesso, ha risposto alla tua lettera. Egli era in casa venerdì quando giunse la cassettina di D. Luigi, e la Cesira gli offrì dei torroni che egli accettò volentieri perché leccesi. Addio.

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N.4

Gentiliss.mo Don Luigi

Ieri ricevemmo la cara sua e la cassetta de’ torroni e il caratello del suo eccellentissimo vino. Povero Don Luigi, anche quest’anno s’è ricordato di noi e ci ha favoriti de’ suoi ottimi doni! Come le siamo obbligati, se sapesse! Il suo vino è un tesoro anche gli amici di qui gli fanno gran festa e il Mezio ormai è famoso. Ella dunque in mezzo a’ suoi mali non ci ha dimenticato: prova evidente del suo affetto sincero e della sua costante amicizia, della quale andiamo superbi, perché l’è rara a questo mondo. E quant’ha sofferto, povero Don Luigi! E che pericolo ha corso se la operazione non fosse stata fatta in tempo. A pensarci mi si stringe il cuore perchè se seppi che la non stava bene, non credeva mai che si trattava di tali sofferenze e di malattia tanto pericolosa! Ma sia ringraziato Dio s’ella ha ricuperato la sua gagliarda salute. M’immagino bene l’angustia della sua Signora e delle care ragazze e de’ figlioli suoi! Ma quante pene a questo mondo! Ella,  sa i miei, i nostri guai, per la tremenda malattia della nostra povera Antonietta! Saprà ch’io, gli ultimi giorni di Carnevale, andai con Vito a Firenze per assistere al matrimonio della mia sorellina, e invece la trovai in letto con una fiera tubercolosi che lentamente la conduce al sepolcro! Essa ignora la sua triste condizione, e lo sposo, e la mamma, e pappà e tutti viviamo con la disperazione nell’anima! Che strazio è questo, caro don Luigi! Saper che quella creatura, adorna di tutte le più belle virtù dovrà morir presto, saper che i giorni le son contati, è un martirio!….morire il giorno delle nozze, il giorno in che dovean compiersi i voti del suo cuore…Oh Dio, anche su di Lei riverso la piena della mia malinconia! Mi scusi per carità, e mi compatisca. Voleva scriverle una lettera tutta lieta,  quale la sua guarigione, la sua letterina, i suoi doni carissimi sapevano bene ispirarmi: non m’è riuscito perché proprio in questi giorni son profondamente addolorata. Gli aiuti Iddio misericordioso. Ieri subito a tavola assaggiammo gli ottimi torroni e a Piero parve riconoscer la mano di Felice Ascalone, celebre ormai pe’ suoi dolci squisiti. Il vino vogliamo farlo riposare del lungo viaggio, e poi lo infiascheranno ed imbottiglieranno, e beveremo di cuore alla salute sua e di tutta la sua cara famiglia, che salutiamo affettuosamente. Piero dice a lei ed a tutti i suoi tante care cose, e Vituccio si ricorda alla loro memoria. Saluti l’Arciprete e gli dica che io sto ormai benino della mia costipazione; gli dica che ho spedito a Firenze alla cara malatina un agnellino e de’ suoi torroncini, che gradirà oh quanto! Grazie a lei di cuore e mi creda per sempre

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Affma

Sua

                                                                                   Cesira Siciliani

Bologna, 21 aprile 73

            N.5                                                                            

Bologna, 4 aprile 1876

Gentilissimo Don Luigi

abbiamo ricevuto ogni cosa, e grazie di cuore. Dei torroncini  posso dirle subito che sono eccellenti perché appena arrivati gli abbiamo assaggiati; e non dubiti che gliene faremo onore. Il vino è sigillato ancora perché voglio lasciarlo riposare; ma lo beveremo tutto alla salute sua e di tutta la sua cara famiglia. Povero Don Luigi! Quanto incomodo, quanto disturbo per noi! Riceviamo adesso anche la sua lettera. Il foglio di spedizione non v’è accluso; se ella lo ritrova costì sul suo tavolino, non se ne dia pensiero, perché abbiamo ricevuto già tutto a domicilio. Come son buoni questi suoi torroni!  E m’immagino che anche il vino sarà il suo solito nettare squisitissimo battezzato ormai per Mezio,  e dagli amici nostri riconosciuto per tale. Se sapesse quante volte a tavola mi dice Piero: “Cesira, metti fuori un po’ di Mezio” oppure qualcuno de’ commensali ripete spesso: “io preferisco il Mezio; desidero un altro bicchierino di Mezio”. Ma, dica la verità: non se le sente mai fischiare le orecchie? E sì che la rammentiamo tante volte! Piero  loda sempre il suo cuore eccellente, la delicatezza, la gentilezza dell’animo suo, la nobiltà del suo carattere tipo del vero gentiluomo. E a lei gli orecchi non fischiano mai? Si dice da noi, e si crede volgarmente, che quando in un orecchio si sente un certo ronzio, gli è segno che qualcuno ci rammenta o pensa a noi. Fosse vero! Son sicura ch’ella avrebbe finito col credere di diventar sordo, che Dio non voglia! Dunque come sta lei? Che cosa fa Donna Antonia? Che notizie di quelle tre simpaticone delle sue figliole? E Michelino è a Napoli? Oh cara oh bella quella Napoli! Non posso scordarmene che bei mesi vi ho passati quest’anno! Sperava che c’entrasse anche una scappata a Galatina, ma non ci è proprio riescito questa volta. Desiderava tanto di rivedere tutti i parenti e tanti cari amici! Mi riprometteva di passare ore ed ore in casa sua con le sue ottime figliole, con le quali, sì signore, verrà un giorno in che tornerò a lavorare sul vostro bel terrazzo. Intanto lo dica a loro, e le saluti per me affettuosamente insieme alla gentilissima sua signora.

Caro Don Luigi, ci conservi la sua benevolenza. Ci rammenti costì agli amici; voglia comandarci qualora valessimo a servirla; e s’abbia

Di bel nuovo i nostri più vivi ringraziamenti per il suo vino squisito […].lissimo. In fretta son sempre

Sua Aff.ma

Cesira Siciliani

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N.6

Carissimo Don Luigi

In primis, buone feste, buon Natale e buon anno a lei e a tutta la sua ottima famiglia. Accompagno gli auguri con una sportina di ghiottonerie bolognesi, ghiottonerie da affettarsi, no da cuocersi: una Mortadella, una soprassata e un Panspeziale specialità del paese. In [ques]ti giorni di solennità, festeggiando a tavola e il Santo Natale e l’Anno Nuovo, mangiando queste ghiottonerie avrete occasione di ricordarvi di noi. Non le mando insaccati da cuocere, perché so che costì a Galatina non troppo si gustano. Il Panspeziale è un dolce d’occasione, e una specialità di Bologna. Auguro a lei e a tutti i suoi buona salute e mille felicità. Quante volte ho parlato delle sue care figliole con la Peppina Baldari a Napoli! Sperando anche quest’anno di veder Michelino, ma noi forse partimmo prima ch’egli arrivasse. Oh lei, caro Don Luigi, non si muove più da Galatina? Perchè nella buona stagione, con un biglietto di circolazione non conduce un po’a giro le sue ragazze? Che bella cosa se venisse a Bologna! Io vi farei da Cicerone, staremmo sempre insieme. M’auguro di rivedervi nel 1877!

Saluto affettuosamente la sua Signora; abbraccio le ragazze, anche a nome di Piero rinnovo a Lei e a tutti i suoi mille auguri sinceri e felicitazioni. Voglia ricordarci in casa Siciliani

E credermi sempre

                                                                       Aff.ma Devotissima

                                                                                   Cesira Siciliani

                                                           Bologna, 19 Dicembre 76

[“Il filo di Aracne”, Anno IX n.3 maggio-giugno 2014 ; n.4 settembre-ottobre 2014]

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