Italia pensante 8. Elogio del dialogo: coinvolge il lettore più di qualsiasi altro testo

Conosco anche un tentativo di giustificazione teoretica di questa incapacità. Bertrando Spaventa nelle sue lezioni su Giordano Bruno tenute all’Università di Napoli e nei saggi degli anni 1851-1867, si servì della distinzione hegeliana di “forma” e “contenuto” per dichiarare che la filosofia di Bruno si trova, purtroppo, in una forma “non scientifica” di versi e dialoghi e che perciò va esclusa dalla vera filosofia. All’incantevole forma dialogica de Gli heroici furori fu dato un colpo mortale. Bruno, “modernizzato” da Spaventa, poteva entrare nel mondo moderno di Cartesio e Spinoza.

Ho trovato e registrato centinaia di posizioni ignote nella mia bibliografia delle menzioni di Bruno e Vanini, ma nessuno scrittore che li abbia citati ha avuto il coraggio di difendere i valori artistici della forma delle loro opere.

Una sola eccezione, un piccolo gioiello, che ho trovato per caso in un supplemento della rivista genovese “Arte Stampa Liguria”, anno XXIX nr. 2 (aprile-maggio-giugno 1979), l’unico scritto della letteratura filosofica italiana del Novecento che può misurarsi coi dialoghi di Platone.

Si tratta di un dialogo tra due persone scritto da Emanuele Gennaro (1916-1990), filosofo e pittore, per anni mio amico e collaboratore, che, come i dialoghi platonici, porta il nome di una persona, l’incantevole interlocutrice di Gennaro, una studentessa di filosofia, Ilda Martignon, di Genova.

Tanto i dialoghi di Platone quanto quelli di Senofonte furono composti dopo la morte di Socrate. Possono essere interpretati perciò come ricordi che tentano di risuscitare il Maestro morto. I dialoghi di Senofonte si chiamano Απομνημονεύματα Σωκράτους, che significa solenne evocazione dello Spirito della persona morta. Lo stesso titolo potrebbero portare i dialoghi socratici di Platone. Vale dunque la pena di sottolineare che lo stesso carattere di lutto permea il dialogo scritto da Gennaro, che già dalle prime parole suona come una marcia funebre di Chopin.

Scrive Gennaro: “Il 28 aprile scorso è morto a Roma, ultraottantenne, Ugo Spirito, considerato uno dei maggiori filosofi italiani di questo secolo. Ne ho parlato a lungo con la cara ex collega di filosofia Ilda Martignon e ne è nata una conversazione che ho creduto bene riportare”.

“Ilda: Sono stata molto colpita, perché lo conoscevo e stimavo da lungo tempo: precisamente dal marzo 1955, quando venne a Genova a tenere una conferenza per […] l’Associazione Culturale Italiana […]. Così ho subito pensato di ricordarlo con Lei, cioè con un altro amico-filosofo concittadino: tanto più che Lei ha scritto vari studi sul pensiero spiritiano”.

“Gennaro: Lei ha avuto la migliore idea per commemorare un amico comune e un pensatore, ossia ripensarlo e riparlarne. Spirito ha avuto senz’altro un posto rilevante nella mia vita”.

Leggere un dialogo filosofico significa entrare in esso e partecipare alla conversazione. Mi permetto dunque di riportare le mie parole:

Andrea: “Anche nella mia vita Ugo Spirito ha avuto un posto rilevante”.

Gennaro: “Egli era una intelligenza rara, molto alta, libera e critica. Quindi il fatto di conoscerlo era senz’altro importante e stimolante […]. Per caso, fin dall’inizio si era scoperta fra noi una notevole consonanza mentale, nonostante la differenza di età […]”.

Andrea: “Lo stesso potrei dire anch’io. Anche tra me e Spirito fin dall’inizio si era scoperta una notevole consonanza mentale, legata – nel nostro caso – allo stesso “zakorzenienie się” (mettere le radici) nella filosofia di Giordano Bruno, nel suo radicale pluralismo ed onnicentrismo…”.

Gennaro: “Sì! […]. Onnicentrismo, una sorta di pampsichismo rinascimentale: “tutto in tutto, ogni punto, ogni parola è un centro di vita, un microcosmo […]”.

Andrea: “Hai proferito le parole che nascondono la più grande scoperta filosofica di Spirito. Ma, purtroppo, Spirito non sapeva che cosa fare con questa sua scoperta e lasciandola ha abbracciato «ipotetismo» e «nullismo»”.

In altre parole, Spirito ha lasciato a me questa sua scoperta chiaroveggendo che io avrei saputo cosa fare con essa e da essa e che nelle mie mani questa frase – “ogni parola è un centro di vita” – inserita nel contesto della filosofia degli incontri, sarebbe stata fondamento della nuova teoria del pensare, creata per spiegare come i nuovi pensieri nascono dagli incontri tra le parole viventi.

[“Presenza taurisanese” a. XXVII, n. 4 – aprile 2019, p. 11]

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