L’importanza della banalità in questo tempo incerto

I tempi che vengono hanno tutti – sempre – un loro volto, che rassomiglia alle creature che ci vivono dentro e intorno; hanno gli odori e i colori e i sapori delle cose per le quali proviamo una sensazione di intimità; hanno le parole e i nomi che sono costantemente presenti nella memoria o che ritornano all’improvviso, quasi riemergendo dalle profondità della coscienza, quasi ricomponendosi in una espressione che si era disfatta oppure offuscata per il sovrapporsi di altre espressioni, altre immagini sopraggiunte con gli anni e gli eventi. I giorni sono ricolmi di ogni possibile realtà e di ogni impossibile sogno, a volte ritessono, a volte dilacerano il passato e il presente che lo contiene, che lo motiva, o lo giustifica, pietosamente.

Quando i tempi che vengono sono incerti e certe volte non si riesce neppure a decifrarli,  allora ciascuno di noi entra nel proprio tempo con la sensibilità e la leggerezza che servono per sentirlo in tutta la sua pienezza, qualche volta per comprenderlo nella sua complessità, per raccontarlo con quella ingenuità che solo un bambino o un sapiente possono avere.

Ciascuno pensa il proprio tempo diversamente da come lo ha sempre pensato.  Con disincanto e adorazione in uguale misura. Con una distanza che permette di coglierne la leggerezza senza farsi ingannare e la profondità senza farsi trascinare nell’abisso. A volte anche  trasformandolo in immagini, in metafore che riescono a proiettare lo sguardo al di là dell’orizzonte limitato dell’esistere, in storie che sovrappongono la realtà e la finzione, che confondono le verità della memoria con le figurazioni dell’immaginazione.

A volte può anche accadere che si rinunci a riflettere sul tempo, che si avverta il desiderio soltanto di  osservarlo nei suoi passaggi, nelle sue occasioni, in quelle condizioni che lo fanno essere e sentire negli occhi, sulla pelle, che suscitano stupori o paure, pesantezze o sollievi, pazienze o impazienze.

Probabilmente, in questo nostro tempo diverso da ogni altro, che ci sta portando storie di cui non abbiamo mai fatto esperienza, ci stiamo scoprendo capaci di individuare quelle condizioni che ci consentono di comprendere quanto siano essenziali certe circostanze quotidiane che non ci siamo mai soffermati a considerare. Come uscire di casa quando si vuole, con chi si vuole, e incontrare le creature che si ha desiderio di incontrare, e prendere il caffè al bar senza aspettare che un altro esca per poter entrare. Certo, è banale, è senza dubbio superficiale mettere in relazione il senso del proprio tempo con quello di un caffè al bar.

Però il tempo di ciascuno è fatto anche di istanti banali; il tempo di ciascuno è fatto anche di molti istanti banali, che si ripetono. Poi, quando ci si deve privare di quegli istanti banali, si scopre che sono importanti, semplicemente perché quegli istanti banali fanno parte del giorno che si sta attraversando, e non c’è giorno che si attraversi che sia banale. Forse può essere un giorno più leggero di un altro, meno intenso di un altro, non memorabile. Ma non è mai  banale. Quindi nessun istante di quelli che lo compongono può essere  banale.

Vengono tempi, certe volte, che cambiano le visioni del mondo, i modi di considerare l’esistenza di tutti e di ciascuno, le relazioni con se stessi e con l’altro.

Probabilmente, quello che stiamo vivendo è un tempo così. Probabilmente ci stiamo accorgendo quanto fossero prive di senso certe cose alle quali si dava importanza e quanta importanza avessero altre cose che non si teneva in alcuna considerazione. Probabilmente ci stiamo accorgendo di quanto  sia vero che le nostre possibilità non sono infinite, di quanto sia necessario fare i conti, ogni giorno, con il senso di impotenza, con l’impossibilità di reagire, con le incertezze che si trasformano in inquietudini, con i dubbi che si trasformano in ansia, in trepidazione, di che cosa voglia dire avere paura della prossimità con l’altro, dell’abbraccio con una persona cara.

Quando vengono tempi che sono così, allora il pensiero si muove in un andirivieni tra la sponda della memoria e quella della speranza, mentre si cerca di assaporare l’attimo che passa.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 20 dicembre 2020]

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