Don Quintino Sicuro, Servo Di Dio (III)

Eremita esemplare, figlio devoto 

di Cosimo Scarcella


Il Servo di Dio don Quintino ai tempi della sua permanenza all’eremo di Sant’Alberico (Foto tratta dal sito Sant’Alberigo un eremo per tutte le stagioni)

La vita di don Quintino Sicuro è stata caratterizzata dallo sforzo continuo di distaccarsi da tutto ciò che poteva tenerlo legato al mondo umano e terreno e che poteva, quindi, impedirgli d’essere tutto del “Padre”, al cui “Amore” aveva deciso di dedicare totalmente e per sempre la sua esistenza. Che l’eremita non debba restarsene inerte nella sua solitudine, ma deve svolgere anche una qualche opera di apostolato, è fuori di dubbio. Però, può suscitare stupore il comportamento che don Quintino tenne verso i familiari in genere, e verso la mamma in particolare. Scorrendo le 86 lettere ch’egli scrisse ai familiari, s’avvertono, in realtà, il perdurare di legami umanamente forti, il persistere d’un diffuso senso di partecipazione attenta ai problemi che travagliano i suoi parenti, un continuo preoccupato interessamento per le loro difficoltà; parrebbe, insomma, che i legami con la famiglia (e, quindi, con il mondo) non siano stati da lui mai del tutto tagliati. Come conciliare questo proseguire di affetti familiari e umani con la sua decisione radicale d’interessarsi solo del bene delle anime e di servire unicamente Dio? E’, forse, un’incoerenza nella condotta del Servo di Dio? Certamente no. Anzi, il suo rimane un esempio stupendo di comportamento fedele e costante, cui potrà sempre ispirarsi chiunque voglia vivere con perseverante coerenza le proprie scelte. La vita del nostro eremita, infatti, si svolge all’insegna d’una donazione radicale, totale, veramente integrale. Egli è uomo che realizza pienamente, conciliandole in un’armonia sublime, la dimensione concreta dei sentimenti umani e quella religiosa del servizio incondizionato verso Dio; l’amore umile nell’assistere gli uomini (a cominciare dai più vicini) e l’amore pieno nel donarsi a Dio: Don Quintino raggiunge e mantiene l’autocontrollo attento e rigoroso d’ogni movimento del suo spirito, che lo preserva dall’andare oltre a quanto è  dovuto a ciascuna realtà. Conosce e rispetta i limiti, entro cui debbono essere contenuti gli affetti verso gli uomini, in modo da nulla togliere agl’impegni d’eremita: egli resta, quindi, un compendio armonioso di umanità sana e di religiosità eccelsa, che manifesta anche nel suo rapporto di figlio verso la propria madre.

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