Il tarlo della scrittura in Paolo Vincenti

di Carlo Stasi

Paolo Vincenti ha ormai alle spalle una carriera letteraria quasi ventennale, partita con scritture creative che si distinguevano per la forma ora più prettamente poetica ora più prosastica, in un mix che ricorda i pastiche letterari. In entrambe le forme tuttavia l’elemento comune è la sua capacità di gestire e convogliare nella scrittura spunti e citazioni, riferimenti, allusioni, quasi parafrasi di testi altri ed altrui, siano essi letterari che, per esempio, di canzoni, quelle canzoni che hanno accompagnato la sua vita come in una colonna sonora. Penso alle sue prime prove come L’orologio a cucù (Good times) del 2007 e Danze Moderne (I tempi cambiano) del 2008, dove Vincenti si avventura anche in bizzarrie tipografiche.

Poi la sua produzione creativa si è diretta da una parte verso l’elzeviro, l’articolo di giornale (spesso on line), la cronaca culturale, e poi, facendo sapiente uso di ironia e satira, a curiosi saggi in cui mette alla berlina i vizi e le contraddizioni del quotidiano (mi riferisco ad opere come L’osceno del villaggio, Italieni, Piazza Italia), dall’altra verso il romanzo con titoli come NeroNotte e L’ombra della madre.

Ma la penna di Vincenti nel produrre testi creativi si è dimostrata altrettanto agile nella produzione saggistica. Da anni Vincenti prosegue nell’esplorazione culturale del territorio con volumi monografici e curatele che coinvolgono di volta in volta diversi paesi (Di Parabita e Parabitani, Salve, ecc., che raccolgono suoi contributi sparsi su riviste), autori (A volo d’arsapo, una bibliografia della produzione di Maurizio Nocera), a volte in collaborazione, e, più di recente, col suo impegno nelle attività della Società di Storia Patria per la Puglia, sezione di Lecce, ha prodotto volumi caratterizzati da una acribia fuori dal comune (come l’opera, curata con Francesco Frisullo sul missionario ruffanese in Cina, il gesuita Sabatino De Ursis).

L’agile penna di Vincenti però non pare arrestarsi qui. Ecco un nuovo, breve se vogliamo, prodotto della sua fantasia, che raccogliendo materiali diversi già pubblicati, presenta una serie di testi che, traendo spunto da opere letterarie del passato, le “ricicla” e le trasforma in testi nuovi, dove la letteratura viene riletta sotto il suo sguardo, da un punto di vista diverso, il suo, quindi moderno.

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