Nuove Segnalazioni Bibliografiche 23. Pubblicità

Si inizia con questo assunto: “Le merci, è questa l’ipotesi da cui parte questo libro, sono la figura estrema del bene, l’ultimo nome che l’Occidente ha dato al bene.” (p. 8) Questa, a detta dell’autore, è “una costatazione banale” (ibidem), e come tutte le constatazioni banali non può che essere condivisibile, ma solo se si dà al bene lo stesso valore che all’utile: le merci sono un bene in quanto sono utili. In questo senso, la morale è fatta coincidere con l’economia, non appena ciascuno di noi “inizi a prendere sul serio la forma del mondo in cui viviamo” (p. 9).

La forma del mondo in cui viviamo è la forma economica del capitalismo post-moderno che nel consumismo ha una delle sue colonne portanti. Questo nostro mondo ha bisogno che ciascuno di noi sia innanzitutto un consumatore, e si sa che per esserlo bisogna conoscere le merci che sono sul mercato e di conseguenza guai a non seguire la pubblicità che ce ne dà notizia! Il luogo in cui tutto ciò si realizza è soprattutto la città: “Di fatto, le nostre città non fanno che parlare di merci quando parlano di felicità”. La felicità in questo nostro mondo non può che esserci regalata dalle merci, la cui pubblicità è, per Coccia, un insieme di “meditazioni morali senza verità” (p. 14), che danno vita ad una “nuova morale”, che diventa visibile soprattutto sui muri delle città. “Morale va intesa qui, nel senso proprio, classico, letterale del termine: la città ha sempre incorporato sui suoi muri una scienza del Bene e del male, un sapere che orienta le nostre scelte e definisce i nostri costumi, perché mostra ciò che è buono ed è necessario imitare o desiderare”. (pp. 25-26) Un tempo i muri delle città erano rivestiti di immagini e iscrizioni riguardanti gli dei, gli eroi, encomi ed epitaffi di uomini e donne esemplari; oggi “la nuova morale” è data dalla pubblicità delle merci. “In fondo, sostituire la rappresentazione di merci di ogni tipo a quella di divinità mai esistite, di esseri alati, di battaglie o meglio massacri celebrati in nome della gloria di civiltà scomparse non ha nulla di particolarmente alienante e di moralmente sconveniente. Anzi c’è qualcosa di innegabilmente lirico in questa trasformazione.” (p. 26). Confesso di non comprendere che cosa ci sia di “lirico” in questa trasformazione, mentre so a cosa ascrivere il senso del termine “trasformazione”, alla luce di Metamorfosi che Coccia ha pubblicato nell’anno 2020 e di cui mi sono occupato nella Segnalazione bibliografica del 2 novembre 2023.  L’antico discorso morale si è dunque trasformato (si ricordi la teoria del bozzolo) dando luogo a questa “nuova morale”, che insegna a tutti che cosa è bene e che cosa è male. L’ “incarnazione del bene [è] sempre e solo una: la merce”, e così “Quando parlano di bene e di felicità le nostre città ci parlano oggi sempre e solo di merci” (p. 28).

Posso fermarmi qui e non dire altro del libro, che per 142 pagine non fa che confermare l’assunto. Tutte cose banalmente condivisibili alla luce del discorso dominante nell’era del tardo capitalismo, che Coccia teorizza in un modo del tutto acritico, anzi presentandosi come il corifeo d’un simile discorso. Gli rimane del tutto estraneo e impensato il fatto che la logica capitalistica lascia indietro la più parte degli uomini, la cui impossibilità di accedere alle merci fa di essi dei frustrati che solo altrove, in un altro discorso, ovvero in un discorso che non identifichi il possesso delle merci con la felicità, possono attingere una morale che restituisca loro una dignità prim’ancora che una qualche forma di felicità: una morale che non cede alle lusinghe di pubblicità di cui bisogna nutrirsi perché questa e non altra è la forma del nostro mondo. Trovo qui la conferma di quando detto nella su citata Segnalazione bibliografica di Metamorfosi, dove indicavo “il risvolto ideologico” del pensiero filosofico di Coccia: che esista una sola morale, quella dominante, e null’altro. È possibile invece un’altra morale, che assegni all’economia il ruolo di gestione del benessere materiale degli uomini, ed alla morale quello di perseguire ciò che è bene e ciò che è male. Questo è il futuro dell’umanità libera, tutto da costruire, e non certo magnificando le magnifiche sorti e progressive del presente. Fino ad allora, quando vedrò un film e la pubblicità inopportuna interromperà la visione, non esiterò a fare altro (cambiare canale non serve perché tutti i network sono sintonizzati), perché è nell’altro che la vera nuova morale dovrà incarnarsi.

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