Lo scienziato e il poeta verso la scoperta dell’ignoto

 di Antonio Errico

Spesso, forse quasi sempre, si può andare verso un luogo seguendo strade diverse, usando mezzi diversi, con tempi diversi. Mentre si percorre la strada, s’immagina il luogo verso cui si va in un modo probabilmente diverso da come lo immagina un altro che va verso lo stesso luogo per una strada diversa. Anche nei fatti che riguardano la conoscenza, la ricerca,  accade la stessa cosa. Per esempio: uno scienziato e un poeta. Uno e l’altro vanno verso l’ignoto con l’intenzione, con il desiderio di rivelarlo, almeno di rivelarne un frammento, una scaglia. Lo scienziato percorre la via con il suo metodo rigoroso sottoponendo a verifica ogni ipotesi; il poeta lo fa con la percezione, con l’intuizione, con la ricerca di una parola che riesca ad esprimere il senso essenziale, senza attribuirsi il compito di dimostrare che quello che dice rappresenta l’essenziale. Ma il percorrere strade diverse non esclude una più o meno occasionale, più o meno ricercata, reciprocità. In un suo saggio famoso intitolato Scienza e letteratura, Ezio Raimondi riporta un passo della prefazione alle Ballate liriche in cui William Wordsworth sostiene che se le fatiche dell’uomo di scienza creeranno mai una rivoluzione materiale diretta o indiretta, nella nostra condizione e nelle impressioni che generalmente riceviamo, il poeta non dormirà più di adesso. Sarà pronto a seguire i passi dello scienziato, non solo negli effetti indiretti generali, ma gli sarà vicino. Le più remote scoperte del chimico, del botanico, del mineralogista, saranno temi adatti alla sua arte, se mai verrà il tempo in cui questi argomenti  saranno famigliari, se mai verrà il tempo in cui quella che ora si chiama scienza sarà pronta ad assumere, per così dire, forma di carne e sangue.

Mentre fanno la loro strada, con la bisaccia delle loro conoscenze,  esperienze, delle loro fantasie,  lo scienziato ha l’ambizione di giungere ad un punto in cui possa conoscere qualcosa come si conosce una pianta del proprio giardino, il poeta ha l’ambizione di lasciare al pensiero la possibilità di contemplare la rosa del suo giardino come una pianta sconosciuta ritrovata per caso nello sconfinato bosco sconosciuto del sapere. Poi lo scienziato cerca di riportare la sua ambizione in una struttura logica che gli consenta di formulare una teoria e il poeta si ferma all’osservazione della rosa  perché considera che la rosa del suo giardino gli permette di raccontare la natura e il profumo e la bellezza di tutte le rose della terra.

Questa voce è stata pubblicata in Poesia, Prosa, Scienza e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *