Inchiostri 114. I solchi di Raoul Ubac

Quelle tracce e quei solchi siamo noi, la cifra identificativa dell’artista è poi, direi, anche le tracce della matita o della penna sul foglio, del bulino nella materia da lavorare per la stampa, del pensiero nella mente, dello sguardo sulle persone, sulle cose e sui paesaggi.
Sa bene Frénaud che l’arte di Ubac vuole portare alla luce la bellezza intrinseca del mondo e che incidere solchi nella terra o nella roccia significa anche riportare alla luce l’immenso serbatoio delle ere geologiche terrestri e dei giganteschi sommovimenti originari – l’arte scava solchi che vadano ben oltre il presente
In una splendida fotografia Ubac traccia solchi (i “suoi” solchi) nella sabbia ripetendo un gesto che, spontaneo e gioioso, appartiene a migliaia di persone che a loro volta si trovino a camminare sul bagnasciuga, in un’altra sembra felice di perdersi mentre s’inoltra in un grande campo arato; durante tutta la sua vita si dedica a disegnare o incidere su legno o sull’ardesia gli oggetti più semplici, ma essenziali alla quotidianità e per questo fortemente poetici (forbici, bicchieri, coltelli…) e i solchi, i solchi-traccia, i solchi che accoglieranno la semina.

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