Per Massimiliano Martines

di Gianluca Virgilio

Ho letto Ho scritto Ti amo sullo specchio e vi ho trovato temi e spunti per un dibattito su come oggi sia possibile fare poesia, cioè dire con parole la propria esistenza e quella degli altri, raccontarsi e raccontare il proprio e l’altrui rapporto col mondo, mediato dalla parola poetica.

Dirò subito che nella poesia di Martines a me sembra di cogliere un rapporto conflittuale del poeta col mondo. Nella poesia che apre la raccolta, dal titolo Testamento, Martines grida “(non mi avrete mai!)”, come in segno di sfida verso un mondo, di cui egli non riconosce l’autenticità. Martines parla del mondo che ci circonda, il mondo fatto dagli uomini che non sanno e non si curano di sapere cosa sia la poesia, gli pseudo-saggi, le modelle, i giocatori di calcio, i finti poeti, i potenti di turno, i cosiddetti borghesi benpensanti, tutte figure condannate nella medesima poesia incipitaria della raccolta. Ebbene, la poesia di Martines nasce negli interstizi dei recinti di cui è fatto questo mondo (si legga la poesia Recinti a p. 19):

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