L’età dell’odio

di Giuseppe Spedicato

Recentemente mi è capitato tra le mani un interessante testo di André Glucksmann, “Le discours de la haine[1], la cui lettura mi ha sollecitato a fare alcune riflessioni sulle nuove forme di manifestazione dell’odio e della violenza. Argomento che ho già trattato su questo sito.

Purtroppo Glucksmann ha ragione quando scrive che con la bomba atomica a Hiroshima si ha un avvenimento che spinge l’umanità in una nuova era. Prima di Hiroshima solo Dio poteva distruggere l’intero pianeta in pochi secondi, dopo tale potere lo hanno anche gli uomini. Abbiamo fatto un passo in “avanti” notevole.

D’altra parte Auschwitz è il vero simbolo della civiltà moderna e non ne sono mancati altri a conferma che l’epoca della barbarie, dell’assenza del senso di umanità, non è affatto alle nostre spalle, nell’era preistorica, ma continua a essere presente, anzi è ancora più presente. Questi sono solo alcuni esempi: massacro dei tutsi, terrorismo di matrice islamica, guerra in Iraq, Siria e nella Repubblica Democratica del Congo.

E come se non bastasse ora ci sono anche le “bombe umane” a seminare paura e morte, ma anche ad alimentare altro odio. Tutti possiamo essere vittime di un atto di violenza terroristico. Non è necessario aver fatto qualcosa per esserlo, basta essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Pertanto, non esiste più un monopolio della violenza, della devastazione, questa è alla portata di tutti. La cosa più sconvolgente è che si uccide senza avere una vera ragione se non quella di propagare terrore.

Cerchiamo però di non essere ipocriti, di risolvere tutto dicendo che questi atti sono opera di soggetti appartenenti ad altre culture. Non sono occidentali. Che colpe avevano commesso gli ebrei per finire ad Auschwitz? Che colpe commettono le tante donne italiane vittime di femminicidio nel nostro paese? Anche noi siamo vittime dell’ “infezione” dell’odio.

Non stupiamoci neanche se in altri luoghi onorano i loro martiri-terroristi, da noi quante vie e piazze hanno nomi di personaggi che si sono resi colpevoli di massacri senza avere neanche l’alibi della difesa dei confini nazionali. Sono nostri eroi nazionali. Detto ciò, preciso che non è mia intenzione giustificare o portare argomenti a favore dell’attuale terrorismo, ma quella di non semplificare troppo l’approccio al fenomeno odio e soprattutto di sentircene immuni.

Glucksmann scrive che è da considerarsi terrorismo ogni attacco deliberato perpetrato da uomini armati contro popolazioni disarmate. Trattasi sicuramente di una definizione, a mio avviso, condivisibile, che ci dovrebbe da un lato indurre a non considerare “combattenti o resistenti” coloro che in nome di una religione o ideologia uccidono dei civili, degli innocenti, ma dall’altro lato porci la domanda se possiamo chiamare soldati coloro che, combattendo il terrorismo, bombardano aree abitate da civili, da innocenti.

Infine, siccome al peggio non c’è mai un limite, l’odio viene fomentato per raggiungere obiettivi politici ed economici. Diventa un’arma per alimentare l’ostilità verso gli “altri”. Per creare artificiosamente conflitti, incomunicabilità, tra i popoli ma anche tra le varie classi sociali di uno stesso paese.

Teniamo sempre presente che l’odio è una fede che spesso ci induce a odiare l’“altro” non in quanto soggetto storico, ma la sua rappresentazione deformata. Jean-Paul Sartre lo aveva capito molto bene quando, trattando dell’odio verso gli ebrei, insegnava che l’odio ci rende vittime di una fede impermeabile ai ragionamenti ed alla realtà dei fatti.

 

 

[1] A. Glucksmann, Le discours de la haine, Hachette Littératures, Paris, 2004.

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