La sapienza, la saggezza

di Luigi Scorrano

In una delle opere filosofiche più lette e studiate nel Medioevo, l’Etica Nicomachea,  l’autore, Aristotele, istituisce un confronto tra la sapienza e la saggezza: due concetti che potrebbero sembrare intercambiabili ma che vanno considerati nelle loro sottili differenze. Che cosa, in realtà, chiamiamo la sapienza?  e la saggezza? Il grande filosofo spiega che sapienza è andare alla radice delle cose, ai principi che su di esse si fondano.  La saggezza si configura invece come ricerca dei beni umani e solo di quelli riconoscibili come necessari. Che cosa sono per noi, oggi le due indicazioni su cui il grande filosofo speculava? Possiamo considerarle un puro oggetto di studio: qualcosa distaccato da noi che ci consenta, magari, di tenere una brillante conversazione sull’argomento e nulla di più. Se vogliamo semplificare proprio al massimo, diremo che la saggezza ci aiuta a valutare  e utilizzare le cose che ci servono per la vita, la sapienza ci indirizza sui principi che alla nostra vita dovrebbero servire come indicatori, elementi-guida.

Ridotti ai minimi termini, semplificati e aggiustati secondo le nostre prospettive quotidiane, quegli indicatori sono ancora funzionali? La tentazione sarebbe di rispondere affermativamente indossando un abito di virtù. Ma forse ci vergogneremmo un poco dell’inganno e della cattiva coscienza da travestire. Il  tempo cambia la faccia delle cose, fa assumere loro un aspetto troppo diverso da come esse si presentarono ai nostri occhi quando con uno sguardo vergine eravamo convinti di cambiare il mondo. Di cambiarlo in meglio, naturalmente. Ma a questo si oppongono esigenze più pressanti; la voce della necessità suona al nostro orecchio e ci persuade che il nostro impegno non deve consistere nell’obbedienza senza riflessione ma deve principalmente badare a quanto di urgente si presenta alla nostra mente. Quale necessità sarà la prima  a esigere da noi il dovuto ascolto? Un tempo, il filosofo giustamente impegnato (e totalmente si direbbe), aveva complice il tempo.  Viviamo in un’epoca in cui la velocità domina tutto e impone, a tutti e su tutto, l’imperativo categorico della velocità. Questo ha conseguenze anche sui concetti fondamentali che guidano la nostra vita; naturalmente anche su quelli che si denominano saggezza e sapienza. Francamente confessiamo di  non aver tempo da perdere in queste considerazioni che non si capisce mai che funzione abbiano e in che modo possano servire a mettere al sicuro i risparmi affidati  a una banca o ad eventuali altri istituti di credito. Chiaro e lampante è l’agire che ci spinge a vedere continuamente luce nella saggezza, che avrà pure i suoi limiti, ma non sarà mai ben disposta nei riguardi di una sapienza che ci offre nobili considerazioni, meravigliose avventure del pensiero, ma che non tocca i problemi dello stipendio o della pensione, che non valuta troppo a lungo i pro e i contra delle situazioni in cui deve decidere delle cose e si butta a capofitto in quella che sembra la soluzione del problema da risolvere  – come si dice – nell’immediato.  Per queste considerazioni, tra sapienza e saggezza istintivamente scegliamo quest’ultima; se fossimo in pericolo in essa troveremmo la forza disperata di correre qualche rischio necessario. La saggezza è una macchina in movimento, la sapienza è oggetto da museo da contemplare nella sua bellezza, nella perfezione del suo insieme e dei suoi particolari, negli elementi che lasciano intravedere l’accortezza degli elementi funzionali posti in essere dal produttore-costruttore che servono a renderne intera la funzionalità: quella solo teoricamente accertata ma che potrebbe fallire le prove una volta che la si sottomettesse a una simile indagine. La saggezza, per chiudere quanto confusamente qui ricordato, è la realtà: la sapienza un universo virtuale. Che cosa è da preferire? La risposta è nei nostri comportamenti, nelle nostre idee. Aggiungeremo, come un corollari: la sapienza è  statica, la saggezza è dinamica.  A nessuno è negato di scegliere, almeno in via teorica. Le considerazioni più articolate contengono altre proposte,, ma tutto è sempre è da valutare alla luce delle circostanze. Una scelta, anche non del tutto indovinata è sempre possibile.

A un incrocio di strade, premendo su un pedale  è sempre bene non passare con gli occhi chiusi. Purché il semaforo segnali col verde.

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