Che cosa deve essere l’ISUFI

di Ferdinando Boero

Mi sono candidato per due volte alla guida dell’ISUFI (Istituto Superiore Universitario di Formazione Interdisciplinare) e ogni volta ho presentato un programma. L’Università del Salento ha sempre ritenuto che la mia candidatura non fosse ideale per quella mansione. I miei programmi prefiguravano due cardini della formazione (e della ricerca) che si sono in futuro esplicitati sul piano nazionale e europeo. Potrei pronunciare l’orrido “ve l’avevo detto”, e in effetti non riesco a resistere.

Il primo cardine è l’eccellenza. Parola inflazionata e spesso autoreferenziale. La valutazione della ricerca, pur con tutte le sue magagne, è arrivata a definire i dipartimenti eccellenti delle Università italiane. L’Università del Salento ne ha solo uno, il DiSTeBA, per la sua componente biologica, e la partecipazione al bando per ottenere i cospicui finanziamenti che puntualmente sono arrivati è stata garantita dall’eccellenza delle valutazioni scientifiche di singoli docenti. Quel’S nella dicitura ISUFI significa “Superiore” e lo si potrebbe definire come sinonimo di Eccellente. Se guardiamo la composizione dell’ISUFI nell’ambito delle sue Scuole vediamo che la Biologia, il tema trattato nell’unico Dipartimento di Eccellenza dell’Ateneo, è rappresentata in minima parte. L’unico dipartimento Eccellente dell’Università del Salento dovrebbe essere il perno su cui far ruotare l’ISUFI… e invece no. Le varie componenti dell’Università si sono spartite la torta e ognuna ha gestito le fette come ha ritenuto opportuno. La biologia è rimasta fuori dalla spartizione e l’interdisciplinarità è stata sostituita dall’iperdisciplinarità, visto che nell’ISUFI si tende ad approfondire ulteriormente il tema specifico di alcuni corsi di laurea. Ebbi la fortuna di essere chiamato nel Quarto Settore ISUFI, Beni culturali e ambientali, e lì ebbi occasione di interagire con colleghi di tutta l’Università nel disegnare percorsi veramente interdisciplinari. Ma quel settore fu presto spazzato via, per tornare alla separazione dei saperi. Parlo per sentito dire perché, dopo l’eliminazione del Quarto Settore, non ebbi più occasione di partecipare alle attività, se non con qualche sporadico seminario. Il primo cardine dell’ISUFI, quindi, dovrebbe essere l’eccellenza scientifica di chi vi lavora, ed è misterioso, anche se non troppo, che la biologia vi sia corpo estraneo.

Il secondo cardine è definito dalla seconda I di ISUFI: interdisciplinare. Se è interdisciplinare è inutile dividere i percorsi: ce ne deve essere uno. L’Unione Europea chiede sempre più frequentemente approcci olistici. Olistico significa che prende in considerazione la realtà come un tutto. Si contrappone a riduzionistico: che divide la realtà complessa in tante sottorealtà a complessità ridotta, da analizzare una alla volta. La frase esplicativa dell’approccio olistico è: il tutto è più della somma delle parti. 

I vari corsi di laurea sono riduzionisti e affrontano porzioni del sapere. L’ISUFI deve (dovrebbe) far interagire queste porzioni, “aprendo” le menti degli studenti più brillanti alle interazioni tra discipline. Il lavoro di squadra prevede che interagiscano e collaborino molti specialisti di diverse branche della conoscenza. Per comprendersi e interagire devono esser stati allenati a farlo. Devono poter comprendere il gergo specialistico dei loro interlocutori e devono saperne abbastanza da essere in grado di porre domande sensate e di comprendere le risposte. Si potrebbe dire che i corsi di laurea rappresentano singoli strumenti e che nell’ISUFI dovrebbero suonare assieme come un’orchestra, per produrre la “musica” del sapere. Senza barriere. 

La F di ISUFI significa Formazione. Non c’è la parola ricerca. Sono il più strenuo assertore che la formazione universitaria debba essere svolta in stretta connessione con la ricerca. Ma non all’ISUFI. La ricerca si fa nei Dipartimenti. Lì ci sono le infrastrutture di ricerca, e sarebbe una follia replicarle nelle strutture ISUFI. Se un docente è eccellente nella ricerca significa che ha avuto la possibilità di realizzare le proprie potenzialità all’interno del proprio Dipartimento. Non ha bisogno, se opera all’ISUFI, di costruire un doppione del proprio laboratorio dipartimentale. Anche perché i docenti ISUFI dovrebbero ruotare (sempre che l’Università ne esprima a sufficienza) e dovrebbero presumibilmente avere diverse necessità nell’ambito della definizione di laboratori. Le tesi di laurea e di dottorato, quindi, si fanno nei Dipartimenti. Magari sotto la guida di due docenti ISUFI di formazione molto differente. 

Ricordo, tre decenni fa, gli edifici abbandonati nei pressi di Monteroni, fatti costruire dagli umanisti dell’Università di Lecce e che poi sono diventati la sede di Ingegneria (la Stecca). Prima furono realizzati e poi gli umanisti cambiarono idea e decisero che non li volevano, perché dovevano restare a contatto con il cuore pulsante della città. Restarono vuoti per molto tempo (gli edifici, non gli umanisti) e poi furono adattati ad ospitare Ingegneria, pur essendo totalmente inadatti alla bisogna, visto che erano stati progettati per ben altro. Gli errori del passato pare abbian poco insegnato. É stato costruito un enorme collegio ISUFI fuori dalla città e ora qualcuno si accorge che dovrebbe essere in città, visto che è difficile da raggiungere, soprattutto nei fine settimana e la sera. Gli studenti ci dovrebbero vivere, e non in condizioni di reclusione. Sarà un’altra cattedrale nel deserto? Verrà abbandonato a se stesso e se ne progetterà un altro nel centro della città? Non mi sorprenderebbe affatto, visto il fervore edilizio che caratterizza la storia dell’Università del Salento. Dovrà essere la città a proporre soluzioni, con collegamenti efficienti e continui. 

Quando l’ISUFI fu istituito non esistevano i corsi triennali e le lauree magistrali. Ora ci sono. L’ISUFI dovrebbe essere principalmente rivolto agli studenti magistrali e si dovrebbe basare su lauree magistrali che valorizzino le eccellenze scientifiche dell’Università. I corsi dovrebbero essere in inglese, e non per snobismo. I corsi in inglese attirano studenti da tutto il mondo, se il corpo docente è eccellente, e la residenzialità offerta agli studenti ISUFI è un altro forte attrattore. L’ISUFI deve portare a Lecce i migliori studenti del bacino del Mediterraneo, e non solo. In effetti Aldo Romano, assieme a Gino Rizzo, l’avevano pensata così. Ma la traduzione di quel pensiero, con rare eccezioni, come il breve periodo del Quarto Settore voluto da Oronzo Limone, ha prodotto ben altro. 

Dopo le magistrali ci sono i dottorati di ricerca, e qui l’ISUFI dovrebbe essere al centro della formazione dottorale, sempre con il supporto logistico dei Dipartimenti. 

Non sono più in forza a Unisalento e quindi non ho alcuna velleità di accedere a qualche incarico, ma il mio attaccamento alla struttura che mi ha dato opportunità di crescita nell’ambito di tre decenni resta invariato. Mi sento quindi di indicare strade che non si sono volute percorrere e che, quando percorse, hanno portato alla designazione dell’unico (lo voglio ripetere) Dipartimento di Eccellenza di questo Ateneo. L’ottusità dovrebbe avere un limite!

Tra poco la comunità accademica sceglierà un nuovo Rettore che, presumibilmente, dovrà prendersi cura della creatura più prestigiosa dell’Ateneo, fianco a fianco con il nuovo Presidente ISUFI. Che visione hanno dell’ISUFI i candidati alla massima carica nell’Università? La scelta di chi andrà a guidare l’ISUFI si farà per mera logica spartitoria tra autoreferenziali blocchi di potere, o si baserà sul confronto di visioni e di competenze? 

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” di Mercoledì 6 Febbraio 2019]

Questa voce è stata pubblicata in Universitaria e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *