Francesco Politi e l’universalità della poesia

di Gigi Montonato

22 anni fa, il 20 aprile del 2002, si spegneva a Roma Francesco Politi, germanista e poeta, traduttore e docente universitario, direttore dell’Istituto di Cultura Italiano a Monaco di Baviera e promotore culturale, conferenziere e dirigente di comitati della “Dante” in Italia e in Europa. Aveva 94 anni, essendo nato a Taurisano nel Salento il 14 settembre del 1907. Il suo motto per significare l’universalità della poesia, in senso temporale e spaziale, era “E ccuntine puru iddi comu nui…” (e parlano pure loro come noi). “Iddi”, i grandi, i sommi della poesia. In dialetto, perché la poesia si esprime in ogni lingua. In dialetto, perché ogni lingua può esprimere poesia.

Nell’antologia “Orfeo. Il tesoro della lirica universale”, 2102 pp., curata da Vincenzo Errante ed Emilio Mariano nel 1974 (sesta ed.), per la Sansoni, Politi è tra i più presenti con sue traduzioni: 37 poeti, 72 brani. In prevalenza poeti tedeschi e inglesi, ma anche rumeni e ungheresi (Eminescu e Petöfi). Tra i suoi cavalli di battaglia i poeti del Minnesang, per i quali pubblicò con Laterza un saggio, “La lirica del Minnesang”, nel 1948, tramite il via di Benedetto Croce, all’epoca consulente editoriale della casa editrice barese. E poi Friedrich Schiller, di cui tradusse il dramma “Maria Stuart” pubblicato con Milella nel 1988, riprendendo una precedente pubblicazione del 1960; i sonetti di William Shakespeare nel 1952 con Chiantore; John Keats nel 1952 con Garzanti; Joseph Weinheber nel 1963 con Malfasi;  Hans Carossa nel 1970 per l’Italienisches Kulturinstitut. E ancora, traduzioni in prosa: “L’ombra di Pietro Ohle” di H. F. Blunck nel 1944 con Guanda; “Il faggio degli Ebrei” di Annette von Droste-Hülshoff nel 1987 per la Salerno, la prestigiosa casa editrice diretta da Enrico Malato. Ma un’infinità di altre sue traduzioni è disseminata in numerose antologie scolastiche del ‘900, prima che i criteri di traduzione mutassero nella resa prosastica e rispettosa della filologia. Politi prediligeva di un testo poetico la traduzione come ricreazione, nel rispetto dell’ispirazione, del pathos, del brio, del Geist dell’autore, in una fusione poeta-traduttore.

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1 risposta a Francesco Politi e l’universalità della poesia

  1. Antonio Devicienti scrive:

    Grazie per aver reso omaggio a Francesco Politi; ricordo ancora distintamente una sua lectio magistralis (affollatissima) all’Università di Lecce, Facoltà di Lingue e letterature straniere, durante la quale lesse anche, appunto, sue traduzioni in dialetto salentino di poeti del Minnesang.

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