A cinque anni dalla scomparsa di Mario Marti

Un esempio di cultura e di vita: ogni suo gesto una lezione

di Gigi Montonato

Ci è mancato in questi anni il professore Mario Marti. Sì, ci è mancato, abituati come eravamo ad averlo sempre con noi, nelle iniziative convegnistiche ed editoriali della Sezione leccese della Società di Storia Patria per la Puglia.

Se ne andò cinque anni fa, il 4 febbraio 2015. La sua scomparsa, quando ormai era ultracentenario, ebbe qualcosa di “improvviso”, se si può dire, perché egli fu fino alla fine molto lucido e propositivo con chi andava a fargli visita, previo appuntamento, e sembrava che avesse tale confidenza col tempo da aver trovato un accordo.

Mario Marti ha lasciato il segno in chi lo ha conosciuto e frequentato dentro e fuori dell’Università. Per me personalmente era una fonte di osservazioni critiche e di giudizi su quanto accadeva in Italia nel mondo delle lettere – e non solo – su eventi, autori ed opere.

Il Professore seguiva la vita del Paese dalla televisione e dalla carta stampata; era un assiduo lettore del “Corriere della Sera” e della “Repubblica” oltre che dei giornali locali. Le sue osservazioni non erano mai settoriali, come in genere sono quelle di chi per professione non esce da un certo ambito di vedute, lui si metteva dalla parte del cittadino medio, ovviamente istruito e criticamente attrezzato, pronto anche a rivedere i suoi giudizi se la realtà gli si rivelava meglio.

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