Letterati di Puglia

di Gianluca Virgilio

La Puglia è una delle regioni più lunghe d’Italia. A chi parta da Santa Maria di Leuca e voglia recarsi alle pendici settentrionali del Gargano capiterà di attraversare luoghi abitati da genti che parlano dialetti molto diversi tra loro, come il leccese e il barese fino al foggiano, passando per il brindisino e il tarantino. La lingua, come si dice, è l’anima di un popolo, sicché quando nel 1970 fu istituita con legge dello Stato la Regione Puglia, questa istituzione venne a comprendere province distanti tra loro per lingua e per tradizioni, a cui essa prestò la sua opera di omogeneizzazione. Mancava una letteratura comune. Oggi, a distanza di circa quarant’anni, questa letteratura comune c’è, poiché qualcuno si è incaricato di individuarla e descriverla. Parlo di Ettore Catalano, professore dell’Università di Bari, che ha messo insieme ben venti studiosi di letteratura locale, facendosi aiutare nell’opera di catalogazione delle diverse realtà letterarie subregionali. Il risultato è una Letteratura del Novecento in Puglia 1970-2008, a cura di Ettore Catalano, Progedit, Bari 2009, pp. XXI-547, in cui, come si legge nel titolo, il termine a quo dell’inchiesta è il 1970, appunto l’anno dell’istituzione della Regione Puglia, mentre il termine ad quem è il 2008 come garanzia di un indiscutibile aggiornamento della ricerca.

Confesso che costringere la produzione letteraria entro un confine politico-amministrativo a me pare un’operazione critica piuttosto azzardata, come del resto sembra ammettere, pur con qualche distinguo, Anna De Macina a p. 300. E tale dovette sembrare anche a chi ideò il lavoro comune, se è vero che, accanto a questa non del tutto convincente motivazione ne pose un’altra di sapore più schiettamente letterario. L’anno 1970 è infatti non solo l’anno di istituzione della Regione Puglia, ma anche quello della morte di Vittorio Bodini, assunto a nume tutelare del rinnovamento letterario della regione (non a caso è il più citato, come si evince dall’utilissimo Indice dei nomi): “Sono convinto, dichiara Catalano a p. XIII dell’Introduzione, che questi racconti [di Bodini] stiano davvero alla preistoria della contemporanea letteratura pugliese”. Dal 1970, dunque, “prende avvio il nostro “racconto” di una Puglia letteraria diversa” (p. IX). Tutta l’indagine, in effetti, nasce dall’esigenza di proporre “una rivisitazione della sua [della Puglia] storia e della sua identità” (p. IX). La Puglia di Catalano e del suo team di studiosi, per lo più pugliesi delle università di Bari e del Salento, non vuol essere la Puglia dei cafoni e del riscatto civile del secondo dopoguerra (Tommaso Fiore), bensì la Puglia che si apre all’incontro con i paesi del Mediterraneo, assecondando un’esigenza “di capire l’altro come ricchezza e opportunità di crescita umana e sociale” (p. X). Pertanto, tutto il lavoro dello studioso va nella direzione di identificare “quei lineamenti “mediterranei” che rappresentano, a ben vedere, la qualità nuova dell’attività letteraria in Puglia (p. XII). E qui entriamo in un territorio, i cui confini  e la cui conformazione rimangono piuttosto vaghi. Che cosa significa, infatti, “capire l’altro”? e che cosa sono i “lineamenti mediterranei” della nuova letteratura? 

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