La pittura di Luigi Gabrieli e la cultura salentina del Novecento

di Antonio Lucio Giannone

La mostra delle opere pittoriche di Luigi Gabrieli, organizzata dall’Amministrazione comunale di Matino nelle sale del Palazzo marchesale “Del Tufo” dal 18 al 25 gennaio 2004, è stata un’occasione importante per riaprire il discorso su uno degli artisti più rappresentativi del Novecento salentino. Un artista che non è conosciuto ancora come meriterebbe e non ha ricevuto nemmeno un’attenzione adeguata da parte della critica. Manca infatti a tutt’oggi, a dodici anni dalla sua scomparsa avvenuta nel 1992,  uno studio accurato sulla sua opera, sulla quale esistono soltanto brevi interventi giornalistici (recensioni e qualche altro articolo), oltre che le presentazioni in catalogo alle poche mostre personali allestite. Proprio per questo motivo nel 1990 mi provai a delineare le tappe principali del suo itinerario pittorico sulla base della documentazione offertami dallo stesso Gabrieli, che in quel periodo ebbi l’opportunità di conoscere e di frequentare[1]. Ma ovviamente è necessaria una ricostruzione storica e critica della sua attività artistica durata oltre sessant’anni, attraverso una “lettura” attenta delle opere, delle quali si dovrebbe procedere anche a un preciso inventario.

            In questa occasione quindi mi limiterò a ripercorrere brevemente alcune di queste tappe,  mettendo in relazione l’opera di Gabrieli con l’ambiente culturale salentino e con alcuni dei suoi più noti esponenti. E non posso non prendere le mosse naturalmente proprio dal suo primo periodo, che va grosso modo dalla fine degli anni Venti agli inizi dei Quaranta. Gabrieli, nato a Matino nel 1904, aveva studiato prima presso la Scuola d’Arte “G. Pellegrino” di Lecce e poi presso l’Istituto d’Arte di Firenze, dove ebbe come maestro Aldo Carpi, futuro insegnante e dal secondo dopoguerra anche direttore dell’Accademia di Brera di Milano. A Firenze che, insieme con Napoli e Roma, è stato uno dei centri di riferimento per gli artisti salentini della prima metà del ‘900, nel 1927 conseguì la licenza del Corso superiore e l’anno seguente l’abilitazione all’insegnamento delle materie artistiche. Dal 1929 al ‘33  insegnò come collaboratore di Geremia Re nella Scuola d’Arte di Lecce, avendo come allievi, tra gli altri, Mino Delle Site e Lino Suppressa. Il suo esordio in campo nazionale avvenne nel 1929, allorché partecipò insieme a Re e a Temistocle De Vitis, alla Mostra del Sindacato laziale di Roma. Negli anni seguenti prese parte anche ad altre mostre sindacali: a Firenze (1933), a Lecce e a Rovigo (1934).

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