Manco p’a capa 142. Ci ostiniamo a non capire…

di Ferdinando Boero

Studio la biodiversità da 70 anni, da quando avevo due anni, se ben ricordo. I bambini hanno la biofilia: amore per la vita. Se vedono un animale lo vogliono toccare, e vogliono sapere cosa è, come si chiama. Se glielo dite, se lo ricordano. Imparano i versi degli animali, di solito vertebrati. Le informazioni sono immagazzinate rapidamente e senza sforzo, con un’ansia innata di sapere tutto: i primi libri sugli animali vengono studiati, letteralmente, anche prima di aver imparato a leggere. Bastano le figure. Con gli animali si impara a leggere: A come ape. B come balena, e via così, fino alla Z di zanzara. I bambini sono zoologi. Non a caso, nella Genesi, il creatore dà un solo compito ad Adamo: dare il nome agli animali. Non dico che questo valga per tutti i bambini (e bambine) ma per tutti quelli che ho conosciuto è così, me compreso.
Bene, ora portate questi bambini a scuola. La zoologia non fa parte delle conoscenze previste nei programmi. Si imparano poesie, tabelline, e molto altro, ma le cose di natura scompaiono. Ai bambini piace arrampicarsi sugli alberi e vorrebbero imparare anche la botanica, magari per sapere che i rami del fico si rompono all’improvviso. Ma nessuno insegna i nomi degli alberi che incontrano lungo il tragitto da casa a scuola. Probabilmente non li sanno neppure gli insegnanti.

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