Semine. Laboratorio di scrittura, a cura di Simone Giorgino 7. Marco Balzano, Nature umane

di Elena Cataldi

‹‹Domani esce Nature Umane. Da ragazzo avevo iniziato così e mi pare un buon motivo per cominciare anche qui››. Questo è ciò che, allegato alla fotografia della copertina, il 7 marzo 2022 Marco Balzano pubblica sul suo profilo Instagram per annunciare l’uscita del nuovo libro, e anche per inaugurare con quel post la sua attività sul social. Ma non è il giorno del suo esordio poetico, databile invece al 2007 con Particolari in controsenso (Lieto Colle). Ha ventinove anni e finalmente inizia a vivere quel sogno di diventare scrittore che dura da una vita. Per essere precisi, prendendo in prestito le sue parole tratte dalla nota d’autore in Nature umane, ‹‹Per anni più che scrittore ho sognato di diventare poeta e concentravo esclusivamente sui versi le mie energie. La stessa parola, ‘scrittore’, mi sembrava contenesse qualcosa in meno della parola ‘poeta’, e certi giorni, a dire il vero, mi sembra ancora così››.  Nel 2012 per La Vita Felice esce Mezze verità, un’altra raccolta di versi. Nature Umane ‹‹contiene una selezione di testi dei due precedenti volumi e una scelta delle poesie che di nuovo, nell’ultimo decennio, si sono lentamente accumulate. Mi pare, anche a distanza di tempo, che quelle formino con queste un liber, un discorso che abbraccia le domande che la poesia continua, e continuerà, a pormi››, spiega, sempre nella postilla già citata.

Ma Balzano non si è risparmiato né in poesia né in prosa, e nel 2010 Einaudi pubblica il suo primo romanzo, Il figlio del figlio. Nel 2015 il libro della notorietà, che si intitola Ultimo arrivato ma arriva primo al Premio Campiello. Non è l’unico riconoscimento che si è meritato: anche vedere Resto qui (Einaudi, 2018) nella cinquina dei volumi finalisti al Premio Strega deve essere stata una bella soddisfazione, affiancata da tante altre. Ma per Balzano scrivere non è un modo per vivere una vita costellata di successi e ricca di copie vendute. Scrivere è un modo di stare al mondo. Restituisce senso a certe giornate difficili. Se da domani non avesse più un contratto editoriale, non vincesse più premi, non ci fosse più tanta gente ad aspettarlo agli incontri con l’autore, l’ha detto lui, scriverebbe lo stesso. Una volta scoperta la propria daimonìa, il proprio demone buono, ciò che ci piace e ci fa sentire bravi, bisogna continuare a farlo; ‹‹poi che venga riconosciuto o no, in fin dei conti non importa››. Queste sue parole dovremmo tutti tenercele strette, come tante altre che ha messo in versi, e ricordarle quando ci serve aiuto. In questo il poeta somiglia al dottore: dispensa buoni consigli, ma senza che tu lo chieda. E infatti quando Marco non scrive, insegna, e quando non insegna fa clownterapia, tutti ruoli a loro modo curativi, solo se svolti con cura.

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