Di mestiere faccio il linguista 18. Incontro con Francesco D’Andria

di Rosario Coluccia

Via Palmieri, vicino l’università, una mattina di metà ottobre. Incontro casualmente Francesco D’Andria, ci fermiamo a scambiare qualche parola. D’Andria è professore emerito di archeologia dell’Ateneo salentino, socio dell’Accademia dei Lincei, studioso di grande qualità. Ha diretto a lungo la missione archeologica italiana nel sito di Hierapolis in Turchia e condotto scavi importanti in varie località salentine, tra cui Rudiae (riportando alla luce il sito e il notevole anfiteatro, oggi visitabili dopo secoli di interramento) e Castro (dove ha scoperto il Santuario di Atena). Penso di non far torto agli altri studiosi delle civiltà antiche che lavorano a Unisalento se affermo che, più di ogni altro del suo settore, D’Andria ha contribuito a valorizzare il patrimonio archeologico della nostra terra, collocandolo sotto i riflettori della comunità accademica non locale, unendo insieme capacità scientifica e impegno civile.

Non abbiamo, Francesco e io, una particolare frequenza né molte occasioni di incontro, al di fuori delle contingenze universitarie più o meno ufficiali. Ma quando, anche per caso, ci incontriamo non manchiamo di informarci reciprocamente sulle nostre attività e di scambiare qualche parere su quello che succede intorno a noi. Francesco mi dice di aver appena partecipato ad un incontro all’interno di un «Press Tour» che si è svolto in una vicina città salentina. Incuriosito, gli chiedo cosa è il «Press Tour». Si tratta, apprendo, di un progetto che prevede ospitalità rivolte a giornalisti e a personaggi che (per il prestigio, per il carisma posseduto, per la carica ricoperta) sono in condizione di influenzare le scelte della pubblica opinione (opinion leader o opinion maker, direbbero quelli che vogliono a tutti i costi usare l’inglese). Queste attività promozionali, sostenute dagli enti locali, sono finalizzate a favorire la conoscenza del territorio e delle sue attrattive, facendo apprezzare a ospiti non locali luoghi, architetture, artigianato, gastronomia, paesaggi, cultura pugliesi. Per un momento rifletto sul nebbioso neologismo che hanno scelto per definire tale promozione territoriale, unendo insieme una parola inglese (press ‘stampa’) e una parola che può essere francese o inglese (tour ‘giro’). E mi chiedo: perché dobbiamo continuare a pensare che una buffa locuzione straniera sia più attrattiva della lingua italiana? Ma tant’è, il provincialismo ammantato di esterofilia è il morbo dei nostri giorni. Ce ne libereremo, una buona volta?

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