Cena in giardino

di Giovanni Bernardini

Sullo spiazzo quasi rettangolare ad opus incertum, fra casa e giardino, si ergeva una struttura metallica atta ad esser coperta di canne o tessuto adeguato per ombreggiare durante l’estate e collocarvi sotto un tavolo tondo e intorno poltroncine di plastica, leggere e comode.

Mario, affacciandosi su quello spazio, osservò: “L’anno scorso non abbiamo mai cenato qui fuori, come in passato. Non abbiamo messo neanche la copertura”.

“Cosa vuoi, figlio mio? Con la malattia della mamma avevamo ben altro da pensare”.

“Sì, ma quest’anno possiamo riprendere l’abitudine. Anche per stare un pochino al fresco naturale la sera, senza condizionatori. Specie adesso che arriva Antonio e rimarrà un mese. Penso io a rimontare le canne”.

“Va bene, ma fatti aiutare. E’ pericoloso su quella scala col peso delle canne in spalla”.

“Non preoccuparti, sono allenato. Le ho sistemate ogni volta da solo”.

“Aspetta almeno che arrivi tuo fratello o fatti dare una mano dalla badante”.

“Sta tranquillo. Ho pensato che, tanto per variare, potremmo invitare qualche amico a cena”.

“Bene, qualcuno di quelli più cari. Fiorella, per esempio, con la figlia minore. Sai quanto mi è stata ed è vicina in questi ultimi tempi così difficili per noi tutti, specialmente per me”.

“Lo so, lo so. D’accordo”.

Al padre quel giardino ricordava anni remoti, quando vi cenava coi genitori, lui ragazzino, rallegrato dai lumi a petrolio, collocati sulla tavola, che gli davano un senso di maggiore intimità familiare. Della luce elettrica, arrivata da poco, era stato fatto l’impianto solo dentro casa. Intorno ai lumi cominciavano presto ad alitare le falene e ogni tanto qualcuna incauta cadeva con le ali bruciate.

A tavola li serviva zia Concetta, la più giovane delle sorelle del padre. Loro, le quattro sorelle, cenavano più tardi, secondo la consuetudine meridionale.

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