Malthus e Darwin nell’epoca dei millennials e dei perennials

La nostra specie, nata in Africa, ha colonizzato tutte le terre emerse (con l’eccezione dell’Antartide) per un semplicissimo motivo: l’area iniziale non aveva risorse sufficienti per sostenere un numero sempre crescente di individui. In teoria avremmo potuto smettere di crescere, come hanno fatto i nostri cugini scimpanzé, gorilla e orango, che non hanno invaso il mondo, restando limitati a piccoli areali di distribuzione. Invece noi siamo grandi migratori, e andiamo a cercare posti nuovi da sfruttare. Il primo posto che abbiamo sfruttato in modo intenso con l’agricoltura si trova tra il Tigri e l’Eufrate. Quando Alexander von Humboldt lo visitò trovò un deserto, e capì che lo sfruttamento intensivo delle terre porta a desertificazione. Le civiltà crescono a dismisura e poi collassano sotto il proprio peso. Noi non stiamo collassando, ci stiamo semplicemente ridimensionando. I perennials (sono uno di loro) prima o poi moriranno e si riequilibrerà il divario numerico tra anziani e giovani. Sembra incredibile quanto sia difficile capire cose semplici. Abbiamo messo il numero chiuso nelle facoltà di medicina e posto ostacoli quasi insormontabili (assurdi test di ingresso) a chi sente la vocazione medica, e ora ci accorgiamo che non ci sono giovani medici a soppiantare quelli che vanno in pensione. Ma chi l’avrebbe mai detto? In compenso, i nostri giovani medici emigrano e vanno ad operare all’estero. 

E’ necessaria una razionalizzazione e una valorizzazione del capitale umano (un modo forbito per dire: le persone) ma il problema non si risolve facendo sempre più figli, aumentando a dismisura. Senza alcuna pianificazione, gli italiani hanno smesso di crescere come conigli. Una cosa da studiare, perché la sovrappopolazione è il problema numero uno per la nostra specie. Il degrado del pianeta dipende da questo, e non si risolverà con le auto elettriche! E ricordiamo che la robotizzazione rende sempre meno necessaria una sovrabbondanza di mano d’opera. Se un tempo la forza di un popolo si basava sulla quantità degli individui, ora ha assunto maggiore importanza la loro qualità. Concentriamoci su quella.  

[“Il Secolo XIX” di giovedì 13 febbraio 2020]

Questa voce è stata pubblicata in Ecologia e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *