Il progresso ha bisogno della scienza

Quegli uomini e quelle donne che nel silenzio e nell’anonimato passano giorni e notti nella solitudine di un laboratorio a scrutare un qualcosa che a noi sembra imperscrutabile, ce la faranno anche questa volta. Quelle donne e quegli uomini che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, dentro i reparti d’ospedale  stanno parando l’urto dell’onda, ce la faranno anche questa volta.  

Quegli uomini, quelle donne. Quelle donne e quegli uomini: nei laboratori, negli ospedali. Quelle donne e quegli uomini spesso stremati. Lontani dalle persone che amano, da cui sono amati.

Quegli uomini e quelle donne che in questi giorni noi chiamiamo eroi. Ma che non sono eroi. Sono uomini e donne che ci credono, che hanno passione per quello che fanno. Ci sono mestieri che senza passione non si possono fare; sono quelli che decidono i destini dell’altro, del prossimo.  Oppure, senza passione si possono anche fare, ma con la consapevolezza umiliante della mediocrità. 

Allora la scienza è questo; è un risultato che si raggiunge con la conoscenza, la competenza, la passione di uomini e donne. E’ un processo che contempera razionalità rigorosa e creatività che si ostina a rivelare l’ignoto, a scoprire quello che si nasconde; è la combinazione di calcolo e immaginazione.

Senza un concreto riconoscimento della indispensabile funzione che assume la scienza in relazione allo sviluppo, al benessere, al progresso di una civiltà, ci si espone al pericolo dell’esatto contrario, e quindi del regresso, della stagnazione, dello svilimento del significato stesso della parola civiltà.

Dovremmo pensarci un po’ tutti, ogni volta che ci permettiamo di elaborare un progetto di società. Dovremmo pensarci un po’ tutti ogni volta che attribuiamo un valore a qualcosa, ogni volta che pensiamo di investire sulle cose,  che facciamo la distinzione fra il superfluo e l’essenziale, l’apparenza e la sostanza, tra il riconoscimento della serietà e lo smascheramento della vacua visibilità. 

Questo è un tempo in cui le incertezze si trasformano in inquietudini,  i  dubbi si trasformano in ansia, in trepidazione. Quando i tempi sono così, si avverte in maniera ancora più forte il bisogno di rassicurazioni. 

Come insegna la Storia, le rassicurazioni possono venire – sono sempre venute- dalla fede e dalla scienza, due dimensioni distinte ma non necessariamente separate.  La fede senza fanatismo e la buona scienza sono al servizio della verità, o delle molteplici verità, come il fanatismo e la cattiva scienza sono al servizio dell’ignobile inganno.

In fondo scienza e fede non vogliono fare altro che scoprire quale sia l’alfabeto che consente di decifrare l’enigma, e vogliono farlo per lo stesso scopo  anche se adottano  metodi d’investigazione diversi. Ma la diversità dei metodi non necessariamente comporta la difficoltà della loro conciliazione. Anzi, probabilmente la loro integrazione consente un procedimento più efficace e un risultato meno settoriale, pur nella convinzione che alla risposta compiuta e definitiva si potrebbe anche non giungere mai.

In fondo scienza e fede cercano, in maniera diversa, di dissipare un poco la paura provocata dalla montagna di incertezze che sovrasta.

A pensarci un attimo appena, si può riscontrare come in questi giorni, dentro questa nostra esperienza senza precedenti, stia accadendo esattamente questo, come il mondo intero si stia affidando alla ricerca condotta dalla scienza e, allo stesso tempo, ad un pensiero che  rivolge, spesso silenziosamente,  al Dio in cui si crede. Oltre  quella montagna grande e scura di incertezze che sovrasta e impaurisce, qualcuno spera che possa esserci la certezza della scienza, qualcuno la certezza che gli viene dalla fede. Forse la gran parte spera che possano esserci l’una e l’altra insieme. 

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, Domenica 19 aprile 2020]

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