Responsabilità come tributo alla bellezza

di Antonio  Errico

Renzo Piano è uomo antico e saggio. E’ antico perché ha conoscenza profonda, strutturata, sistematica, razionale,  sentimentale,  delle forme dei luoghi del tempo passato. E’ saggio perché quelle forme le sa elaborare in nuove visioni altrettanto sistematiche, razionali, sentimentali, che proietta nel tempo a venire.

E’ uomo antico e saggio perché le forme che elabora e proietta nel tempo a venire le mette in una relazione indissociabile con la dimensione della bellezza. Senza nessuna distinzione tra luogo e luogo. Senza esclusione di nessun luogo. Una bellezza complessiva e trasversale. Una bellezza presente in ogni giorno, in ogni ora del giorno, in ogni stagione della vita. Molte storie, molte esperienze della nostra esistenza si confrontano con la bellezza. La sua percezione  precede – e, poi, forse, segue – la consapevolezza del senso che hanno gli esseri e le cose. Spesso è  con  la loro bellezza, per la loro bellezza,  che noi cominciamo una relazione; spesso è con l’immagine o con la memoria della loro bellezza che quella relazione si conclude.

In una intervista concessa a Stefano Bucci per “La lettura”, Renzo Piano dice che “Nella nostra cultura umanistica l’idea della bellezza è qualcosa di molto attuale”. Costruire luoghi per la bellezza non vuol dire solo “costruire spazi per una bellezza visibile, tangibile e in qualche modo concreta”. Vuol dire anche costruire luoghi destinati ad accogliere tutte le forme della bellezza.

L’associazione con alcune pagine delle “Memorie di Adriano” di    Marguerite Yourcenar viene quasi immediata, naturale. Soprattutto con due passi: quello in cui l’imperatore afferma di essersi sentito responsabile della bellezza del mondo e quell’altro in cui dice :“Chi ama il bello finisce per trovarne ovunque, come un filone d’oro che scorre anche nella ganga più ignobile”.

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