Qualche domanda su Bodini e il canone poetico fra Italia e Spagna


Da sinistra: Antonio Lucio Giannone e Juan Carlos de Miguel y Canuto, curatore degli Atti della Giornata di studi “Vittorio Bodini tra l’Italia e la Spagna” svoltasi il 1° marzo 2018
presso l’Università di Valencia.

A ben considerare, questa attrazione va oltre la Spagna e Bodini e investe l’Iberia e il Salento, come dimostra il grande interesse di studiosi lusitanisti e ispanisti di assoluto valore nazionale e internazionale come Luigi Panarese, Oreste Macrì e appunto Bodini, tutti salentini. Che cosa lega il Salento alla cultura iberica?

Veramente il Salento, pur essendo una regione periferica, ha avuto sempre intensi rapporti con altri paesi europei da parte dei suoi esponenti più rappresentativi in campo culturale. Si pensi anche a quelli con la Francia, attraverso Comi e  Pagano, per i quali la cultura e la letteratura d’oltralpe è stata fondamentale ai fini della loro formazione e attività. Ma, ancora prima, si può pensare ad alcuni letterati salentini del secondo Ottocento che studiavano i francesi come Francesco Muscogiuri o, nel primo Novecento, a Luigi Paladini che è stato uno dei primi traduttori italiani di Mallarmè. Per quanto riguarda la Spagna, è stata la storia comune (“le terre di Carlo V”) che l’ha legata al Salento e, più in generale, al Sud. D’altra parte la nostra terra è ricca di testimonianze artistiche, antropologiche e anche linguistiche che dimostrano questo rapporto. Bodini, inoltre, parlava anche di un “comune sangue arabo” che univa la popolazione andalusa a quella salentina. 

Lei ha detto, in una recente intervista, che è ingiusta l’esclusione di Bodini dal canone    poetico italiano del ‘900. Non è che la marginalità in cui è tenuto Bodini in Italia – e non solo lui – sia attribuibile proprio alla sua ispanicità, rimasta fuori dai temi dei grandi poeti che formano il canone?

Questo è solo uno dei motivi dell’esclusione di Bodini dal canone poetico novecentesco. In effetti, quando si parla della influenza delle letterature straniere sulla poesia italiana nel secolo passato, si pensa immediatamente a quella francese (i grandi simbolisti, Valèry, il surrealismo), fondamentale per Ungaretti, o a quella anglosassone (R. Browning, T. S. Eliot) che tanto ha contato, ad esempio, per Montale, ma molto meno a quella spagnola. Solo recentemente si sta indagando in questa direzione e si stanno scoprendo numerosi poeti italiani del Novecento che invece hanno subito la suggestione dei grandi lirici spagnoli, da Machado a Jimenez a Lorca. E Bodini può essere considerato quasi il simbolo del rapporto letterario tra Spagna e Italia. Questa nazione  è stata, per lui, accanto al Sud dell’Italia, uno dei poli costanti di riferimento per la sua vita e per la sua attività letteraria. D’altra parte, egli considerava  la Spagna  “la sua seconda patria, anzi la prima in un certo senso”.  Alla Spagna ha dedicato gran parte della sua opera come studioso e traduttore di alcuni tra i maggiori classici, antichi e moderni, della letteratura di quel paese (da Cervantes a Calderón, da Góngora a Quevedo fino a Garcia Lorca, Salinas, Alberti, Aleixandre, Larrea e a quasi tutti i maggiori poeti del Novecento). Ma Bodini è stato anche lo scrittore italiano contemporaneo che più ha risentito l’influenza della Spagna, della cultura, della letteratura ispanica sulla sua stessa opera creativa, in versi e in prosa.

L’interesse che hanno oggi gli spagnoli, allora, è una sorta di “dovuto”?

Da sinistra: Irene Romera Pintor e Antonio Lucio Giannone.

Sì, è giusto che ora questa nazione ricambi finalmente la  sua passione e dedizione, come sta avvenendo. Il nome di questo scrittore, infatti, che fino a poco tempo fa era conosciuto da pochissimi, oggi invece si è diffuso notevolmente grazie anche a una serie di rapporti personali che ho stabilito con vari docenti e la fortuna critica di Bodini sta attraversando un momento particolarmente felice. Della sua opera si è parlato in questi ultimi anni in varie Università (Madrid Autónoma, Valencia, Salamanca, e più recentemente Alicante). Sono apparsi articoli e recensioni sulle più importanti riviste specializzate e si sono occupati di Bodini alcuni tra i più autorevoli studiosi di quel paese. Nel 2018 si tenne una Giornata di studi a lui dedicata presso l’Università di Valencia, di cui sono stati pubblicati gli Atti, a cura di Juan Carlos de Miguel y Canuto, e recentemente, con le edizioni Besa Muci, è uscita la traduzione del Corriere spagnolo, da me curato. Insomma possiamo dire che Bodini è entrato ormai nel canone letterario spagnolo del Novecento, e questo è un grande motivo di soddisfazione per chi come me sta portando avanti il lavoro su questo autore da vari decenni con impegno e passione, pur in mezzo a tante difficoltà, e l’ha considerato anzi quasi una missione. Purtroppo invece Bodini stenta ancora ad entrare nel canone poetico novecentesco italiano per certo conformismo che caratterizza l’italianistica nel nostro paese che ha rinunciato a cercare strade nuove e si limita a ripercorrere sempre le stesse in maniera stanca e ripetitiva, spesso per puro calcolo accademico.

Oreste Macrì parlava di una “linea salentina” della letteratura italiana, Comi Bodini Pagano, per citare i più noti. Ma neppure così i nostri poeti sono entrati in un canone che Romano Luperini definiva “frastagliato”. Forse, più semplicemente, la poesia salentina, come del resto tante altre nostre cose, è rimasta fuori dal circuito editoriale per ragioni economiche e consumistiche. Lei, che ne pensa?

Parlare di “linea salentina” purtroppo può sembrare limitativo ai critici del Centro e del Nord, anche se non era certamente questa l’intenzione di Macrì. Più che di linea salentina perciò preferisco parlare di linea meridionale della poesia italiana del Novecento, come ho intitolato un mio saggio compreso nel recente volume Ricognizioni novecentesche. In effetti c’è tutta una serie di poeti, da Quasimodo a Gatto, da Sinisgalli a De Libero, da Carrieri a Scotellaro a Bodini, per citare solo i più noti, che nell’immediato secondo dopoguerra hanno contribuito a rinnovare la poesia italiana, immettendo, fra l’altro, temi tipici della civiltà e della cultura meridionale. Tutti questi poeti però, che pure hanno fatto la storia della lirica  novecentesca, continuano a non avere, sui manuali e sulle antologie, lo stesso peso di altri spesso di minore livello ma di altre regioni italiane, centrosettentrionali. E in questo ovviamente influiscono ragioni commerciali ma anche, bisogna pur dirlo, inveterati pregiudizi nei confronti del Sud anche in campo culturale. Qualche tempo fa ci fu una reazione da parte di un’associazione di docenti campani all’esclusione dai programmi scolastici di tutti (o quasi) gli autori meridionali, che però non ebbe alcun esito. E questo purtroppo fa sì, come scrisse Bodini in una memorabile prosa, dal titolo La Puglia contro Pietro Micca, che i nostri studenti siano costretti a studiare ancora la storia degli altri, in ogni campo (sociale, civile, letterario, artistico), senza sapere spesso nulla della propria.

Indubbiamente gli altri, quelli del Nord, non ci hanno considerati. Ma pure noi abbiamo messo del nostro. L’istituzione dell’Università a Lecce, per esempio, risale a oltre sessant’anni fa, ma solo negli ultimi decenni, anche per il diffondersi dell’editoria, abbiamo dato concreta attenzione alla nostra produzione letteraria. E’ possibile fare autocritica e cercare di individuare errori compiuti per non ripeterli?  

L’Università di Lecce ha dato un grande contributo alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio letterario salentino. Basti pensare all’attività svolta nei decenni passati da figure prestigiose come quelle di Marti, Vallone, Valli. Ma questi illustri studiosi hanno fatto quello che hanno potuto. Purtroppo noi scontiamo ancora la mancanza assoluta nel Sud dei veri centri di potere culturale (editoriale, giornalistico, accademico) che possono determinare la fortuna o la sfortuna di un autore o di un’opera. E quindi anche il loro lavoro sugli autori salentini, dei secoli passati o contemporanei, non ha avuto un esito particolarmente rilevante a livello nazionale.

[“Presenza taurisanese” Anno XXXIX n. 328 – maggio/giugno 2021, p. 12]

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