Manco p’a capa 153. Maturità: se il conformismo paga…

di Ferdinando Boero

Sono un esperto di esami di maturità: ne ho sostenuti due. Il primo nel 1969, quando introdussero l’esame facilitato: due soli scritti, una materia a scelta del candidato e una a scelta della commissione. Uno dei temi era sull’ambiente, e io lo contestai! Ne aveva parlato Nixon, in carica da poco, e scrissi che si trattava di un argomento evocato per distrarre l’opinione pubblica dal vero problema: la guerra del Viet Nam, e di quella parlai. Ovviamente fuori tema, e il presidente della commissione non gradì. Ne fece un punto d’onore e chiese la mia testa. Il membro interno provò a salvarmi, ma io ci misi del mio anche all’orale. Fui uno dei pochi bocciati a livello nazionale, la mia testa rotolò nel cestino per diversi motivi, tutti sacrosanti. Qualche anno dopo, in un discorso alle Nazioni Unite, Indira Gandhi disse cose quasi simili alle mie (ma non credo che avesse letto il mio tema): vi preoccupate dell’estinzione delle tigri e nel mio paese i bambini muoiono di fame per la strada. Fece una fine ben peggiore della mia.
Memore della lezione, alla seconda maturità scelsi un tema “sicuro”. Non scrissi quel che pensavo della Provvidenza del Manzoni: i due si vogliono sposare, un potente non vuole e la Provvidenza manda la peste, così muoiono tutti i cattivi e i buoni coronano il loro sogno d’amore. Quanti Renzi e quante Lucie morirono per quella peste? Come si fa a dire che quella è la Provvidenza? Mi astenni da ragionamenti del genere, molto ricorrenti nella mia carriera scolastica, e scrissi quello che volevano sentirsi dire. Non ricordo se fu sul Fanciullino, sulla Cavallina Storna, La Roba o altre amenità. Mi attenni al copione e me la cavai. All’Università scelsi biologia e mi appassionai all’ambiente e alla biodiversità, contraddicendo la mia contestazione a quel tema che mi costò un anno di liceo in più. La mia vita sarebbe stata diversa se la Provvidenza (del Manzoni) non mi avesse fatto ripetere l’anno.

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