Quando l’io attraversa la storia

Il libro di Antonio Polito sul “Muro che cadde due volte”

di Gigi Montonato

Nel trentennale della caduta del Muro di Berlino Antonio Polito, firma importante del “Corriere della Sera”, ha voluto rievocare l’evento del 1989 incrociandolo con quanto è accaduto in questi trent’anni in lui, in Europa e nel mondo, nel volume “Il Muro che cadde due volte. Il comunismo è morto, il liberalismo è malato e neanche io mi sento molto bene” (Solferino, 2019).

In breve, Polito nel suo libro, che nel sottotitolo riprende la celeberrima frase di Eugene Ionesco “Dio è morto, Marx pure, e anch’io non mi sento molto bene”, attribuisce il suo comunismo e il suo successivo liberalismo a quella esigenza umana di stare nella storia per fare la storia (storicismo). Polito è stato comunista in gioventù, liberale nella maturità, quietista ora.

“Non credevamo nel comunismo – scrive – ma avevamo un assoluto bisogno di credere, di scommettere sulla possibilità per gli uomini, e dunque per noi, di cambiare il mondo. Il Pci era l’unico tram disponibile con destinazione futuro…Bramavamo di vedere la storia in movimento, e pretendevamo di farne parte…avevamo un bisogno costante e narcisista di far parte di una rivoluzione”. Il plurale usato non è majestatis ma la consapevolezza di rappresentare tutta una generazione che ebbe nel ’68 e negli anni successivi la stagione del protagonismo politico.

Questa voce è stata pubblicata in Recensione e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *