L’olio d’oliva tra cultura contadina e promozione del territorio

di Gianluca Virgilio

Il mutamento sociale più notevole e di più vasta portata della seconda metà del secolo, quello che ci taglia fuori per sempre dal mondo del passato, è la morte della classe contadina.

Eric J. Hobsbawm, Il secolo breve.

Che io rimpianga o non rimpianga questo universo contadino, resta comunque affar mio. Ciò non mi impedisce affatto di esercitare sul mondo attuale così com’è la mia critica…

P.P. Pasolini, Scritti corsari.

Ricordo d’infanzia

Era tale la stanchezza di mia madre per la veglia notturna al capezzale del nonno che c’era da aspettarselo: prima o poi avrebbe fatto qualche disastro. Ed infatti, una mattina, di ritorno dall’ospedale, dopo una notte insonne, mentre sta travasando un litro d’olio dalla damigiana, la bottiglia già piena le scappa di mano e si va ad infrangere sul pavimento, sporcando tutto l’ammezzato. Sicché, di lì a qualche giorno, quando i dottori dissero ch’era meglio portare il nonno a casa per evitare le pratiche burocratiche e le inutili attese, tutti i parenti non dico che incolparono mia madre, ma si confermarono che la bottiglia d’olio infranta era stato il segno premonitore d’una disgrazia: così fu che morì mio nonno, contadino di Corigliano d’Otranto. Era il 1973 ed io avevo dieci anni.

Due libri sull’olio

Questo episodio d’infanzia mi è ritornato in mente mentre sfogliavo due libri ricchissimi di illustrazioni, l’uno recente: Rossella Speranza, Olio d’oliva ragione e sentimento, Mario Congedo Editore, Galatina, novembre 2008, pp. 192;  il secondo recentissimo: Cosimo Occhibianco, La civiltà contadina con sottotitolo Lu trappitu e lli trappitari, Congedo Editore, Galatina, 2009, pp. 224. I due libri hanno in comune appunto il tema dell’olio, della sua lavorazione e produzione, con un’attenzione particolare, come vedremo, per la tradizione contadina, di cui rischia di scomparire finanche il verace ricordo, a vantaggio di riproposizioni iconologiche stereotipe o nostalgiche, che poco o nulla hanno di storico.

E’ un fatto: come diceva Pasolini negli Scritti corsari, nel XX secolo si è consumato un genocidio culturale di cui nessuno parla, quello della cultura contadina, annichilita dalla civiltà industriale; così pure lo storico inglese Eric J. Hobsbawm, ne Il secolo breve colloca dopo la metà del secolo XX la morte della classe contadina. Pertanto, questo tipo di pubblicazioni a me fa l’effetto di riportarmi indietro nel tempo, in un’epoca in cui non ero nato e nella quale gli uomini vivevano in un modo completamente diverso dal mio. Sarà mai possibile conoscere davvero questo mondo scomparso oppure il mio desiderio è destinato a rimanere per sempre frustrato?

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