Rilke e l’arte del paesaggio

di Antonio Prete

Calco della voce francese paysage, la parola italiana paesaggio appare la prima volta negli ambienti pittorici veneti del Cinquecento, in particolare tra i leonardeschi e intorno a Tiziano e la sua scuola. Fino all’epoca romantica la parola sarà usata quasi solo in riferimento alla pittura, poi il suo uso sarà esteso in altre aree semantiche: un cammino analogo hanno la parola inglese Landscape e la tedesca Landschaft. Dal linguaggio della pittura il paesaggio passa via via ad essere oggetto di molti saperi, anche se di poche cure. La voce entrerà nella Costituzione italiana con l’espressione “tutela del paesaggio”. Per via delle molteplici implicazioni, una storia del paesaggio, della sua rappresentazione, sarebbe pressoché impossibile. Già riferendosi a un’eventuale storia del paesaggio nella pittura Rilke scriveva nel 1902: “Grande e singolare sarà il compito del suo autore, un compito sconcertante per novità e profondità inaudite”. Lo scriveva ad apertura di uno scritto che introduceva una monografia sui pittori di paesaggio raccolti a Worpswede, nella campagna prossima a Brema, dove in un villaggio nato intorno alle torbiere, sotto il cielo immenso di una pianura lambita dal mare, viveva, per scelta, una piccola comunità di artisti (vi faceva parte anche Clara Westhoff, scultrice, che Rilke sposò nel 1901; e lo stesso poeta soggiornò a Worpswede al tempo di questo scritto e poco prima del suo soggiorno parigino). 

La riflessione di Rilke nel testo intitolato appunto Worpswede introduceva una monografia su cinque artisti di quella comunità: Fritz Mackensen, Otto Modersohn, Fritz Overbeck, Hans am Ende, Heinrich Vogeler. Le pagine di quella introduzione, Worpswede, insieme con altri scritti sparsi rilkiani, tutti di grande interesse, apparvero in traduzione italiana, a cura di Giorgio Zampa, in un’edizione Cederna del 1949; ora, con una nota di Marco Rispoli, c’è una riedizione Adelphi, che ripropone la raccolta. Sotto il titolo Del paesaggio (Von der Landschaft), già nell’edizione Cederna si riportavano alcune pagine che il poeta aveva espunto dal testo definitivo di Worpswede. In queste pagine preparatorie, belle ed essenziali, Rilke suggerisce alcuni motivi che riguardano il rapporto tra l’artista e il paesaggio. Presso i Greci il corpo umano stesso era il paesaggio (“lo coltivavano come una terra, si adoperavano intorno ad esso come intorno a un raccolto”).

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