Il brigantaggio post unitario in un libro di Carmine Pinto

di Antonio Lucio Giannone

Il libro di Carmine Pinto, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici, briganti 1860-1870, pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Laterza, è un’opera importante, frutto di una ricerca lunga, durata dieci anni, condotta con impegno e rigore scientifico. Si tratta di un volume corposo, di quasi cinquecento pagine, diviso in nove capitoli, ai quali si aggiungono una Introduzione e un Epilogo.  Ben sessanta pagine sono di note mentre soltanto l’Indice dei nomi ne conta altre venti. Inoltre è corredato di otto cartine che permettono di avere un’idea più precisa delle zone in cui si svolgono le vicende esaminate. Nonostante la mole, però, il libro si legge facilmente grazie anche alla scrittura piana e scorrevole dell’autore che l’ha fatto apprezzare anche da un pubblico di non specialisti, tanto da diventare un best seller nel campo della saggistica.

Esso è la ricostruzione accurata, dettagliata, minuziosa delle vicende storiche del decennio 1860-1870 relative al Mezzogiorno d’Italia, basata su una imponente documentazione archivistica, oltre che sulla conoscenza della sterminata bibliografia sull’argomento, che giunge a una proposta interpretativa nuova e originale per diversi aspetti. Ovviamente non è possibile ripercorrere in tutti i suoi momenti il volume, che è ricchissimo di episodi, di fatti, di nomi, di dati, tutti puntualmente verificati sulle fonti. Mi limiterò perciò a toccare, assai sinteticamente, alcuni punti che mi hanno particolarmente colpito e che sono legati più da vicino ai miei interessi di studioso della letteratura, e della letteratura meridionale in particolare, e di alcuni personaggi coinvolti a vario titolo in queste vicende.  

Il periodo preso in esame va dunque dal 1860, immediatamente dopo la spedizione dei Mille e prima dell’Unità, fino al 1870, anche se ci sono riferimenti a periodi precedenti. E perché proprio questo decennio? Perché quello è il periodo in cui nel Mezzogiorno – spiega Pinto proprio all’inizio ‒ si combatté «la prima guerra italiana», rimasta misconosciuta, almeno a livello di un pubblico ampio, e quasi rimossa nella memoria collettiva. Al centro dell’attenzione c’è insomma il complesso processo di formazione dello Stato nazionale italiano che soprattutto nel Sud (ma forse ‒ è bene dire ‒ esclusivamente nel Sud) trovò forti ostacoli a causa della resistenza opposta all’unificazione dalla monarchia borbonica. Questa vicenda, di solito, sui manuali di storia viene liquidato in una paginetta, eppure essa, come ha fatto notare Pinto, durò molto di più della spedizione dei Mille e della terza guerra d’indipendenza e provocò molte più vittime, che vanno nell’ordine di diverse decine di migliaia  nei due campi.

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