Memorie di Galatina. Mezzosecolo di storia meridionalistica e d’Italia 9. Galatina postfascista (1943-1944-1945)

di Giuseppe Virgilio

Ritratto fotografico di Luigi Vallone

Come in tutti i Comuni italiani, quando un edificio di pensiero si viene sviluppando durante una svolta nella storia, anche a Galatina dopo il 25 luglio e l’8 settembre del 1943 allorché, caduto il fascismo e stipulato l’armistizio con gli alleati angloamericani, incominciano a rifondarsi i partiti, i modi del procedere teorico in un mondo pieno di contrasti, sono stati molti e tutti informati ad una radicalizzazione in apparenza non componibile. Il contrasto ha presupposto un problema di fondo che ci ha coinvolti tutti.

Il fascismo ha abolito l’autonomia del mondo profano fino al punto che tanto la vita quotidiana quanto la cultura effettiva non hanno avuto alcuna libertà; impedite le scelte pratiche degli individui, non è stato possibile il giudizio morale che riguarda appunto i fatti. Per questa ragione dopo il 1943 in tutti i Comuni italiani si apre un grande vuoto di potere, ma contemporaneamente si avverte il senso di una insospettabile vitalità ideologica che esprime esigenze di ritorno ad una cultura prefascista, innestata però in articolazioni organizzative ed elementi ideali di tipo nuovo.

1. Nuovi uomini, nuove idee

La vita provinciale, che fino ai primi anni Quaranta si è mossa nel binario di servitù e paura, comincia a dar segni di risveglio. La lotta delle idee ritorna in mezzo al pubblico.

Il Mezzogiorno non ha mai avuto una rivoluzione antifeudale e la borghesia, velleitaria e servile, è stata incapace di concepire modernamente rapporti sociali in libertà.

A Galatina una ventata di aria fresca e nuova passa con Meuccio Ruini in visita per poche ore nella città. L’uomo, destinato ad un ruolo di grande prestigio nella costruzione della Repubblica come Presidente della Commissione dei 75 che prepara il progetto di Costituzione, è preceduto da una polemica di parte cattolica. E’ iscritto alla Democrazia del lavoro; lo dicono un massone, ma non sanno che nei nove mesi dell’occupazione nazista di Roma, l’uomo ha saputo apprezzare, scomparsi cardinali e vescovi fascisti che hanno esaltato il ventennio, modesti frati e sacerdoti di povere parrocchie che si sono prodigati in opere di carità.

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