Ricordando Aldo Vallone

Egli teneva un corso su Dante, che seguivamo anche noi assistenti. In caso di eventuale assenza di Aldo, avremmo dovuto sostituirlo. Infatti ebbi l’occasione di tenere una lettura del canto VII dell’In-

ferno. Aldo stesso s’incaricò di farmela pubblicare a Roma sulla rivista Dialoghi, che uscì nel ’57.

Di solito però le mie lezioni settimanali riguardavano la storia della critica letteraria.

In quel periodo il carissimo amico monteronese Alfredo Congedo, prematuramente scomparso, mi raccontò d’essere stato compagno di studi di Vallone all’Università di Torino e d’avere assistito alla sua laurea. Era l’infausto 1940, in cui Mussolini decise l’ingresso in guerra accanto alla Germania nazista. Alla discussione della tesi bisognava andare in camicia nera. Aldo non l’aveva, sicché dovette prestargliela Alfredo. Relatore il prof. Francesco Pastonchi, noto anche come discreto poeta.

Aldo presentava una tesi assai voluminosa accompagnata da bibliografia non meno voluminosa. Pastonchi allora sollevò i due grossi testi ciascuno su una mano a mo’ di bilancia a sottolineare il ponderoso lavoro. Era probabilmente il primo riconosciuto segnale della straordinaria capacità lavorativa di Vallone.

Sotto la sua guida fu un anno molto laborioso, benché gli studenti fossero ancora relativamente pochi. La preoccupazione di Aldo era d’incrementare lo sviluppo della Libera Università nella prospettiva di un auspicato riconoscimento statale. In questo senso stimolava pure Bonea e me.

Ricordo che le due sessioni di esami, estiva e autunnale, si protraevano intensamente fino a tarda sera.

Alla conclusione dell’Anno Accademico però lasciai il posto al solo Bonea, che proseguì nella carriera universitaria. Su mia richiesta, mi ero trasferito dal “De Giorgi” al Liceo classico “Giuseppe Palmieri”, con insegnamento d’Italiano e Latino più impegnativo. Fin dal ’55 ero entrato nella Reda-

zione della rivista Il Campo; nello stesso tempo avevo maturato l’idea di dedicarmi, piuttosto che alla critica letteraria, alla produzione creativa (poesia e narrativa) e al giornalismo con speciale interesse ai problemi sociali. Non era mancato inoltre qualche sgarbo nei miei riguardi da parte dell’Amministrazione universitaria. Ma la cosa rimase in secondo piano, non ne feci cenno a Vallone, informandolo dei primi reali motivi del mio abbandono. Se ne mostrò dispiaciuto e forse non del tutto convinto.

Anni dopo, venuto al “Palmieri” in qualità di Preside, sembrò per breve tempo mostrarsi un po’ freddo con me. Presto ci chiarimmo e la nostra cordiale amicizia ne uscì intatta.

Naturalmente non fu il solito Preside burocrate, bensì il Capo d’Istituto aperto a molteplici iniziative culturali. Fra l’altro, presso il Circolo cittadino di Lecce, furono organizzate conferenze di Antonino Pagliaro (febbraio ’59), di Mario Marcazzan (marzo ’59), di M. Sansone (aprile ’59). A me Aldo affidò l’incarico di redigere i relativi articoli da inviare alla stampa.

Il suo equilibrio e lungimiranza apparvero assai evidenti in un caso singolare, di cui ho scritto altrove senza fare il suo nome. Esistevano allora gli esami d’ammissione dal Ginnasio al Liceo. Una candidata, certo bizzarra ma intelligente, aveva scritto sia a giugno sia a settembre belle pagine di prosa, che però ignoravano le tracce proposte. Agli orali, invitata a commentare testi poetici, aveva sostenuto, a lettura fatta, che la poesia non si commenta. La Commissione pertanto era orientata verso la bocciatura. Aldo si oppose argomentando che senza dubbio la ragazza sapeva scrivere e si mostrava sensibile alla poesia. Come si poteva respingerla se venivano promossi candidati addirittura molto mediocri?

Quella ragazza infatti, dopo fugace frequenza della 1^ liceale, se ne andò a Roma ad apprendere il mestiere di giornalista presso un quotidiano e scrisse un romanzo piaciuto a Moravia.

Quando Vallone passò titolare all’Università di Bari, quindi a quella di Napoli, i nostri incontri si diradarono, ma non cessarono. A Monteroni, dove dal ’72 mi ero trasferito con la famiglia nella ricostruita casa paterna, era stato bandito un piccolo premio letterario finanziato dai familiari di un medico scomparso del quale s’intendeva celebrare la memoria. In un mio intervento orale e a stam-

pa sostenni che il premio non doveva restare un fiore nel deserto, ma andava inserito in un adeguato contesto culturale. La mia proposta fu accolta ed io stesso m’impegnai a far venire alcuni illustri docenti che tennero le loro conversazioni nel bel salone del Palazzo ducale. Non potevano mancare Donato Valli, Mario Sansone, Aldo Vallone, i quali trattarono argomenti relativi alla letteratura contemporanea. Era l’anno 1978.

In seguito, recatomi a trovare Aldo a Galatina, visitai la sua ricchissima biblioteca. Qui ebbi la fortuna d’incontrare e conoscere Luigi Scorrano, personaggio molto riservato, studioso e critico validissimo, infaticabile collaboratore di Aldo nella prestigiosa edizione della Divina Commedia pubblicata fra il 1985 e l’ 87 a Napoli da Ferraro.

Altri incontri con Vallone ci furono in occasione di Premi letterari nella nostra provincia. Egli era sempre il Presidente della Giuria, come a Parabita, dove ci scambiammo il solito caloroso saluto.

Purtroppo fu l’ultimo.

(2015)

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1 risposta a Ricordando Aldo Vallone

  1. Giancarlo Vallone scrive:

    Per quanto sembri strano, leggo solo ora, e per puro caso, questo bellissimo ricordo di Aldo Vallone, scritto, ahimé, anni fa da Giovanni Bernardini. Un ricordo che non solo è affettuoso e bello, ma che è anche importante, perché rende noti particolari della vita di Aldo (ad esempio la sua laurea), che io stesso non conoscevo. Grazie. Giancarlo Vallone

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