Di mestiere faccio il linguista 32. Le parole di Dante

di Rosario Coluccia 

Il messaggio di fine anno del Presidente Mattarella, visto da moltissimi italiani, è stato unanimemente apprezzato. L’avverbio unanimemente non è esagerato, in effetti questa volta (come forse mai prima d’ora) le parole del Presidente, propositive e  misuratissime, hanno corrisposto in pieno ai sentimenti della nazione, rappresentano la voglia di riscatto e i propositi di far bene a cui tutti dovremmo ispirare i nostri comportamenti. Per venir fuori, nel modo migliore possibile, da questo cupissimo periodo. Nel suo messaggio il Presidente ha anche ricordato che nel 2021 ricorre il settecentenario della morte di Dante Alighieri. Il richiamo non è casuale, l’opera di quel grandissimo non può restare confinata nei recinti, pure rigogliosi, della letteratura. .

Esiliato da Firenze sin dai primi anni del Trecento, a séguito delle inarrestabili lotte tra le diverse fazioni interne alla città, Dante peregrina in vari luoghi, ospite di signori e di feudatari. Durante l’esilio si sposta a Forlì, a Treviso,  a Padova, in Lunigiana  e in Toscana; negli ultimi anni è ospite di Cangrande della Scala a Verona e poi di Guido da Polenta a Ravenna, dove nel 1321 muore (probabilmente per febbre malarica), lì sepolto nella chiesa di San Francesco. La ricorrenza del 700° anniversario della sua morte suscita (sta già suscitando) una serie di iniziative, di vario livello. Molto opportunamente, perché Dante è la lingua italiana, simbolo dell’identità nazionale, di cui  ha descritto i tratti connotativi  marcandoli attraverso la lingua. Gigante della storia nazionale e dell’intero Occidente:

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