Manco p’a capa 43. Ci vorrebbe un partito verde, ma…

E quindi… ci vorrebbe un partito verde anche da noi. Molti giovani lo voterebbero, e forse anche qualche vecchietto come me. Poi ci penso e … cambio idea. Dove si dovrebbe collocare questo ipotetico partito? A sinistra? Sarebbe come dire che alla destra non interessi l’integrità dell’ambiente. Se ci fosse il partito della salute, dove si collocherebbe? Possiamo pensare che qualche parte politica non sia interessata alla salute? Guardando le proposte (e i risultati) dell’azione di alcuni partiti sembrerebbe di sì, ma non è quello che dicono. Tutti sono interessati alla salute, solo che pensano di risolvere i problemi della salute in modi differenti. E lo stesso avviene per l’ambiente, anche perché ambiente e salute sono strettissimamente collegati. Possono esistere buone condizioni di salute in un ambiente devastato? Ovviamente no. Salute e ambiente vanno assieme. E lo stesso vale per l’economia. Non ci può essere un’economia sana in un ambiente malato. L’economia può crescere devastando l’ambiente, ma poi, una volta devastato l’ambiente, l’economia crolla. Assieme alla salute. Ecco perché biodiversità ed ecosistemi sono trasversali a tutte le iniziative del piano di recupero e resilienza. Solo noi non lo abbiamo capito.

Tutti i partiti dovrebbero essere sensibili ai problemi della conservazione di buone condizioni ambientali. Connotare politicamente l’ambiente non fa bene all’ambiente. Ci sono partiti che si sono appropriati di concetti generali, come democrazia e libertà, quasi a suggerire che gli “altri” non abbiano sensibilità per democrazia e libertà. Sono diversi i modi di declinare questi valori. Diciamo che, idealmente, la sinistra potrebbe ritenere che i valori vadano estesi a tutto il pianeta, mentre la destra potrebbe ritenere che siano validi da qualche parte (quella dove vive) ma non altrove: prima noi, gli altri che schiattino. È quello che abbiamo fatto con le delocalizzazioni. I paesi “avanzati” hanno delocalizzato le produzioni inquinanti in posti lontani dai loro territori, con l’aspettativa di vivere in posti “puliti”, mantenendo vantaggi economici. Ma il cambiamento climatico ha effetti planetari. Il problema dell’integrità ambientale va affrontato a livello globale. In effetti tutti sono d’accordo, e fanno magnifiche convenzioni che stabiliscono obiettivi da raggiungere dopo qualche decennio. I decenni passano, gli obiettivi non sono raggiunti, e si spostano le date. Ora abbiamo il 2030. Dopo aver sforato gli obiettivi del 2010 e quelli del 2020. Lo spazio oramai è unico, è il pianeta intero, così spostiamo il problema in un altro tempo. E infatti il progetto europeo si chiama Next Generation EU. Ma a realizzarlo ci sono ancora le Present Generations. Quelle che vivono sempre più a lungo e che sono ancora avvantaggiate economicamente dalla spoliazione della qualità ambientale. Chi sa che tra trent’anni non ci sarà più non è molto interessato a quel futuro irragiungibile. Gli interessa il presente.

Intanto, nelle trasmissioni di attualità politica, vedo sempre esperti di medicina, di economia, di politica, di sociologia, ma mai esperti di ambiente. Quelli sono in altre trasmissioni, dove si mostrano le meraviglie della natura. Quando si parla di politica, scompaiono. L’intrattenimento naturalistico non riesce a dilagare nelle trasmissioni dove si “fa sul serio”. Risultato: la transizione ecologica si fa senza l’ecologia e nessuno si accorge dell’assurdità di questa scelta. Forse se ne accorgerà la Commissione, quando vedrà il nostro piano. Tornando alla questione dell’ambiente nei partiti, mi piacerebbe vedere il piano “verde” di ognuno. Così, tanto per capire e fare confronti. Ma nessun partito lo ha elaborato. Vedo solo greenwashing: transizione ecologica senza ecologia.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 29 marzo 2021]

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