Luigi Crudo e la musica

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Figura versatile, di alto spessore umano e culturale, il “personaggio” Luigi Crudo (1939-2007) non finisce di stupire chi, come me, non lo ha conosciuto di persona. Luigi Crudo non è certo passato senza lasciar traccia, nella sua Taurisano, ma ha scavato un solco, un segno profondo, fra quanti lo hanno conosciuto, amato, apprezzato. Insegnante, dirigente scolastico, scrittore, infaticabile operatore culturale, doveva essere un perfezionista, di quelli che cercano e danno il massimo in tutto ciò che fanno. Ho iniziato ad interessarmi di lui in seguito alla pubblicazione del libro “Humanitas et Civitas. Studi in memoria di Luigi Crudo”, un poderoso volume, curato da Giuseppe Caramuscio e Francesco De Paola, edito, per la Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, nell’ambito della collana “Quaderni de l’Idomeneo”, da Edipan (Galatina, 2010). Ed è curioso che io abbia conosciuto Crudo grazie a questa pubblicazione, prima ancora che attraverso le narrazioni dei suoi famigliari. Sì, perché i figli Massimiliano e Carlo sono miei amici da anni, conosco Massimiliano, il maggiore, addirittura dai tempi del Liceo Classico, che frequentavamo entrambi a Casarano. A Carlo, il secondogenito, mi hanno legato tante collaborazioni culturali per il tramite del sodalizio artistico “Arte in terra”, che lui presiede. Ma entrambi sono ragazzi discreti, poco avvezzi a “promuovere” la figura dell’illustre genitore. Più attiva in questo senso, vera artefice della riscoperta di Luigi Crudo, è la madre, signora Maria Sabato, persona di rara gentilezza e nobiltà d’animo.  Tornando al libro di cui sopra, una bellissima foto di Luigi Crudo, “Gigi” per gli amici, Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione, compare in apertura, prima di una Presentazione dell’allora Sindaco di Taurisano Luigi Guidano, e di una Prefazione del prof. Mario Spedicato, Presidente della Società di Storia Patria Sezione di Lecce. Bello ed esaustivo è il “profilo biografico ed intellettuale” di Luigi Crudo, tracciato da Francesco De Paola, suo carissimo amico e compagno di studi. Apprendiamo così che egli nasce a Taurisano nel 1939, consegue la maturità classica presso il Liceo Palmieri di Lecce e l’abilitazione magistrale presso l’Istituto Pietro Siciliani di Lecce ed inizia subito ad insegnare nelle scuole elementari, conseguendo poi la laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Lecce, con una tesi su “La presenza di Virgilio nelle Epistole Morales di Seneca”, relatore il prof. Remo Giomini. Si delineano subito i suoi interessi, nell’ambito degli studi umanistici, orientati alla conoscenza e all’approfondimento della figura del suo illustre concittadino Giulio Cesare Vanini, e verso il mondo dell’associazionismo e del volontariato taurisanesi. La sua presenza del resto è radicata nella città, prima come insegnante e poi come Direttore Didattico presso le scuole elementari (successivamente come Dirigente Scolastico fino alla collocazione in pensione). L’amore per il Vanini porta Crudo a dar vita, insieme ad altri amici, fra i quali il De Paola, al “Centro Studi Giulio Cesare Vanini”, che esplica la propria attività nella ristampa delle opere vaniniane, nella loro traduzione dal latino all’italiano, e nella diffusione e promozione della figura dell’illustre filosofo attraverso incontri di studi molto importanti per la comunità taurisanese.  Tutto ebbe inizio nel 1969 quando, in occasione del 350° anniversario della morte di Vanini e delle celebrazioni che il Comune di Taurisano volle tenere per ricordare degnamente l’illustre concittadino, Luigi Crudo curò, insieme a Franco De Paola e Antonio Santoro, il libro “Giulio Cesare Vanini: profilo biografico”[1], con Prefazione di Aldo de Bernart, all’epoca Direttore Didattico della Scuola Elementare di Taurisano e amico di Crudo, al quale poi passò il testimone della dirigenza scolastica quando venne trasferito a Ruffano. All’interno dell’opuscolo, Crudo firmava il saggio “Da Parigi al rogo di Tolosa (1614-1619)”. All’epoca, la bibliografia vaniniana era certo nutrita ma non imponente come sarebbe diventata nei decenni successivi, sicché l’impresa di un gruppo di giovani (come li definisce de Bernart nella Prefazione) animati dall’intento di divulgare la figura di Vanini nella propria comunità, se non poteva definirsi pionieristica, era certo meritevole di attenzione.  Nella stessa direzione andavano le pregevolissime pubblicazioni patrocinate dal neonato “Centro Studi G.C.Vanini” (del quale Crudo fece parte fino alla morte) della ristampa in forma anastatica delle due opere vaniniane del 1615 e 1616 e successivamente della traduzione a cura di Crudo, insieme a Francesco Paolo Raimondi, delle opere stesse, nei volumi:  “Giulio Cesare Vanini: Anfiteatro dell’Eterna Provvidenza. Divino-magico-cristiano- fisico, inoltre astrologico –cattolico”[2], del 1981, e “Giulio Cesare Vanini: I meravigliosi segreti della Natura, Regina e Dea dei mortali”[3], del 1991. Oggi le traduzioni del Crudo sono anche inserite in “Giulio Cesare Vanini. Tutte le opere. Testo latino a fronte”, a cura di Francesco Paolo Raimondi e Mario Carparelli (Bompiani Editore 2010). Grazie a quella stagione culturale avviata da Crudo e sodali, a Taurisano giunsero, nel segno di Vanini, figure di primo piano della cultura salentina e nazionale come, per citarne alcune, Antonio Corsano, Mario Del Pra, Giovanni Papuli, Andrej Nowicki, Giovanni Invitto, Francesco Politi, Giovanni Cosi, Andrè Jacob, alcuni dei quali punti di riferimento a livello mondiale negli studi vaniniani.  Ottime anche le recensioni da parte della stampa specializzata sulle operazioni editoriali curate da Crudo e Raimondi, riportate dal libro “Humanitas et civitas”[4]. Stimolato dal desiderio di dare un contributo fattivo alla crescita sociale e culturale del proprio paese, Crudo entra anche in politica e riveste per molti anni le cariche di consigliere comunale e assessore in svariate giunte municipali. Milita nel partito socialdemocratico con cognizione di causa e molte sono le iniziative nelle quali profonde le proprie energie. Socio fondatore della rivista “Pagine Taurisanesi” con Francesco De Paola, Tonio Santoro, Romeo Erminio, Stefano Ciurlia e Ugo Orlando, e di “Radio Libera Taurus” (RTL), di cui era uno dei redattori, componente dell’Associazione culturale “Aldo Sabato” e anche dell’Associazione Donatori Volontari di Sangue (Ados, poi Avis) di Taurisano. Sulla copertina del libro “Humanitas et civitas”, compare una grafica computerizzata opera dello scultore Donato Minonni: Altius Citius Fortius (2010).  Sono presenti poi le testimonianze di coloro che hanno conosciuto in vita Gigi Crudo, amici, colleghi di lavoro, da Aldo de Bernart a Romeo Erminio, da Gigi Montonato a Ermanno Inguscio, da Osvaldo Sabato a Francesca Trane, a Vittorio Zacchino. La seconda parte del libro si compone di una serie di contributi che hanno tutti a tema il mondo della scuola e le sue problematiche negli aspetti storici, sociologici e pedagogici, o contributi di conoscenza e storia del nostro territorio. Le firme sono quelle di: Fulvio De Giorgi, Alberto Tanturri , Fabiana Loparco, Dino Levante, Pietro Manca, Francesco De Paola, Stefano Ciurlia, Franca Capoti , Aldo D’antico, Giuseppe Caramuscio, Emilio Pasquini, Alessandro Laporta , Marcella Leopizzi, Gino Pisanò , Oronzina Greco, Anna Elisa Carrisi, Luigi De Luca, Emilio Spedicato, Guglielmo Zappatore, Mariagrazia Ponzo, Angelo D’Ambrosio, Maria Antonietta Epifani, Aldo de Bernart , Roberto Orlando, Michele Mainardi e lo stesso Carlo Crudo, con “La Specchia Silva: un monumento megalitico nei pressi di Taurisano”, un contributo presentato insieme col genitore al 2° Simposio Mondiale di Scienza, Tradizione e dimensioni del Sacro, tenutosi nel 2002 presso il Teatro Titano nella Repubblica di San Marino.[5]

Successivamente a questo libro, viene pubblicato, nel 2012, “Carmina”, di Luigi Crudo, a cura di Massimiliano e Carlo Crudo (Congedo Editore), con Prefazione di Gino Pisanò. Si tratta di una serie di liriche di cui ben pochi conoscevano l’esistenza, composte da Crudo in giovanissima età. Questo corpus poetico ruota intorno a due nuclei tematici: la religiosità e l’amore. Voluto fortemente dai famigliari, il libro, che presenta in copertina un dipinto di Elisabeth Thompson,“La preghiera alla Vergine”, è come un piccolo scrigno di tesori nascosti, quelle poesiole, vergate da Crudo poco più che adolescente (scriveva fra gli anni Cinquanta e  Sessanta), che hanno tutte un’intonazione classicheggiante. Infatti i versi si rifanno ad un periodo storico e letterario che già quando Crudo scriveva era al suo tramonto, quello del Romanticismo, dell’Ottocento poetico, ai cui due massimi esponenti, Leopardi e Manzoni, Crudo chiaramente si ispira, attraverso l’imitazione formale dei grandi. L’autore però dimostra di saper padroneggiare perfettamente la metrica e la prosodia. Con maestria adopera l’endecasillabo, creando certe suggestioni ritmiche che non possono sfuggire a chiunque sia amante della buona poesia. I versi di Crudo sono stati cesellati più e più volte (il limae labor et mora, di oraziana memoria) e il risultato è un equilibrio perfetto di forma e contenuto. Imitazione dei classici, anche nei temi trattati, nell’intonazione generale dei canti, Arcadia minore, si potrebbe dire, ma non vuoto e sterile anacronismo. Se restaurazione è propugnata, si tratta semmai di restaurazione del concetto di umanità cui sembrava che le crisi spirituali del Novecento stessero inferendo colpi decisivi e con conseguenze, che possiamo vedere oggi, di enorme portata. Se è vero, come scrive il compianto Gino Pisanò nella Prefazione, che molti non conoscono ormai le figure retoriche che fanno parte del bagaglio di un letterato, non sanno neppure cosa sia una metafora o una metonimia e un poliptoto, è d’altro canto vero che è tutta da gustare la bellezza di queste poesie e l’emozione che trasmettono ai lettori, perfino a quelli più smaliziati e disincantati di oggi.

E veniamo al tema del presente contributo: Luigi Crudo e la musica. Fra le svariate occupazioni della sua sfaccettata elaborazione culturale infatti, come abbiamo già appreso, vi è anche la musica, per l’esattezza la scrittura di canzoni. Quello del “paroliere”, se a tutta prima può apparire un aspetto marginale rispetto alla figura dell’insegnante e a quella dello scrittore e dell’operatore culturale, sulle quali hanno lumeggiato i libri testé citati, d’altra parte non è trascurabile, e vieppiù intimamente legato al ricordo affettuoso della moglie, se la signora Maria Sabato mi ha invitato ad occuparmene. Potevo ignorare una siffatta richiesta, declinare un invito così gentile e accorato? La signora Maria mi ha affidato una voluminosa cartella piena di appunti scritti a mano, a volte a macchina, fra i quali scartabellare come il “pescatore di asterischi” della canzone di Samuele Bersani. L’amore di Crudo per la musica nasce ai tempi dell’adolescenza, quando frequentava il Liceo Palmieri a Lecce. Appassionato di musica classica, già allora si divertiva a strimpellare il pianoforte.   “Mi invitava a casa sua”, ricorda l’amico Romeo Erminio dalle pagine del libro a lui dedicato[6], “e mi faceva ascoltare i suoi dischi preferiti, specie “Il cielo in una stanza”, cantato da Mina. Poi timidamente mi faceva leggere alcune sue poesie”. Occorre ricordare che, fin da ragazzo, intelligente e volenteroso, oggi lo si sarebbe detto un nerd, si applicava con grinta ed entusiasmo ad ogni nuova intrapresa, tanto da essere additato come esempio per i suoi coetanei, come candidamente confessa Gigi Montonato nel suo ricordo di Crudo[7].

Il tema dato porta necessariamente al sodalizio Crudo-Sabato, ovvero alla intensa e proficua collaborazione musicale (che non poteva essere tale se non poggiata su una solida base amicale) con il Maestro Aldo Sabato. Esiste un piccolo corpus di canzoni nate da questo rapporto, con parole di Crudo e musiche di Sabato, sul quale mi soffermerò. Ma prima di proseguire nella trattazione, occorrerà spendere qualche parola sulla figura di Aldo Sabato (1919-1976). Illuminante in tal senso è la pubblicazione “Aldo Sabato un musicista salentino”, di Luigi De Luca (Adda editrice 1982). Dalla ricostruzione di De Luca emerge una personalità versatile, quella di un vero vulcano di idee, un talentuoso artista molto attivo nella promozione culturale e musicale. Polistrumentista, fertile autore di una vastissima produzione musicale fra rifacimenti, trascrizioni, riduzioni e rielaborazioni di opere classiche e creazioni originali, fu insegnante alle Scuole Elementari e poi, dopo la Laurea in Lettere, professore alla Scuola Media. Seguace delle teorie del compositore Schonberg, scrisse un “Trattato di armonia”, rimasto inedito e pubblicato da De Luca nella sua monografia, e poi due manuali scolastici: “Dal ritmo al canto” [8], adottati nelle Scuole Medie. L’umanista, grande protagonista della vita sociale e intellettuale taurisanese, dopo il matrimonio, si trasferì a Carmiano dove trascorse la seconda parte della sua vita fino alla prematura scomparsa.

Documento prezioso per analizzare la produzione musicale di Crudo  è il manoscritto “La mia collaborazione col prof. Aldo Sabato. Appunti e ricordi”, che egli compitò su richiesta del professor Luigi De Luca proprio per il libro “Aldo Sabato. Un musicista salentino”. Nel documento, Crudo, oltre a passare in rassegna tutte le composizioni nate dalla collaborazione con il grande amico, all’epoca da poco scomparso, discetta anche delle altre composizioni musicali della vasta produzione del Sabato, dimostrando notevole competenza critica e obbiettività di giudizio, profondendosi in notazioni di carattere artistico-musicale. Scrive: “l’attività del prof. Sabato era insonne, incessante, con una capacità inventiva fresca e agile ed una presenza perseverante e rigorosa, alle prove e alle manifestazioni d’esecuzione”. Ma queste parole possono applicarsi anche a lui, capace, specie in quegli anni, di una febbrile attività culturale. Nel carteggio che ho esaminato inoltre, è presente il saggio “Solennità e bellezza nell’ultima composizione polifonica del Prof. Sabato”, pubblicato nel giornale “ Taurisano 64”, nell’agosto di quell’anno, sulla composizione religiosa del Sabato “Ecce sacerdos”; e inoltre una corrispondenza epistolare con la vedova del Maestro, Angelina Mele.

Ecco dunque, in ordine cronologico, una rassegna delle opere.

Armonie è il primo pezzo censito, scritto nel 1960. Si tratta di una romanza per soprano, violino e piano in La maggiore. “Documento di un’imprecisata tensione ideale”, la definisce Crudo nella sua relazione inedita, “di vaga, indefinita ansia di elevazione del mio spirito verso plaghe di serenità pura, al di là degli umani inquinamenti”. L’armonia è quella musicale, ma anche la concordia fra le genti, la comunanza di intenti, l’abbraccio solidale fra consimili. Probabile che il titolo fosse dato da Sabato, quindi con riferimento alla teoria delle associazioni di suoni simultanei; ma nel testo di Crudo si fa riferimento all’armonia celeste che viene invocata perché solo in essa l’autore troverà pace per il proprio cuore. Compare fra i versi la “luna d’argento”, alla quale Crudo aveva dedicato anche la poesia “Alla luna”, presente in “Carmina”[9].

Allo stesso anno risale Diogene a Bari, che partecipò al festival “Una canzone per Bari”, nell’ambito della Fiera del Levante, settembre 1960, e venne eseguita dal cantante Nic Di Napoli, come riportato dalla stampa dell’epoca.  Si tratta di un rock moderato in Do maggiore evidentemente influenzato dal successo planetario di quel genere musicale americano che proprio in quegli anni arrivava in Italia con i cosiddetti “urlatori”, fra i quali, in primis, Adriano Celentano.

Dello stesso anno è l’Inno alla Madonna della Strada”, del quale fu curata una strumentazione per banda la cui esecuzione si ebbe in occasione della festa della Madonna della Strada. A Taurisano, è forte la devozione per questa Madonna, alla quale è intitolata la bellissima chiesa in stile romanico pugliese, innalzata nel XIII Secolo. I festeggiamenti in suo onore, che si svolgono i primi di settembre, sono imponenti e pari solo a quelli in onore di Santo Stefano Protomartire, il protettore del paese, che si svolgono ad agosto.

 All’insegnante Mario Anacleto Preite, del 1963, è un componimento d’occasione, scritto per il pensionamento del docente in questione, e leggendo i versi (“Dai virgulti  d’un albero annoso…” ), si affaccia alla nostra memoria la figura del maestro di un tempo, il deamicisiano Perboni, non semplice docente, ma istitutore, guida, mentore, padre, educatore, per i ragazzi. “Ora la scuola qui tutta riunita/  più commossa si stringe d’intorno;/  Taurisano nell’ultimo giorno / a voi porge il voto augural”: scatta così il processo di identificazione fra maestro e scuola, intesa non solo come istituzione, ma anche e ancor più come sede fisica, edificio scolastico taurisanese, luogo di svolgimento del proprio lavoro. La figura del maestro di scuola, fra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, è stata ampiamente indagata in romanzi e saggi. Certo, il maestro, pur impastoiato nella burocrazia determinata dalle Leggi Casati e Coppino prima e dalla Legge Daneo-Credaro dopo, rivestiva nella società di allora, che scontava un tasso di analfabetismo altissimo, un ruolo molto importante, non solo pratico e operativo, ma anche e soprattutto simbolico. Nell’Italia che dopo le guerre si rialzava in piedi ed usciva faticosamente dalle secche della povertà e dell’ignoranza diffusa, il processo di istruzione di un popolo diventava un processo di educazione del popolo stesso, di rigenerazione, con un portato di carattere morale, sociale, civile, di enorme valore. Cambiano i tempi ma oggi, nell’inquietante fenomeno di analfabetismo di ritorno che stiamo vivendo (è di questi giorni l’ampia discussione apertasi sui mass media, in seguito al grido di allarme lanciato dall’Accademia della Crusca,  sul preoccupante impoverimento della lingua italiana, e sulla diffusa ignoranza da parte degli studenti di scuola di ogni ordine e grado), la categoria degli insegnanti, bistrattata dai governi e derisa, quasi vilipesa, dal comune sentire,  dovrebbe tornare centrale nel corpo sociale del Paese. Dovrebbe, appunto, se non fosse che pure essa, purtroppo, è figlia dei tempi e riflette in buna parte il pressappochismo e la superficialità che allignano nelle nuove generazioni.

Taurusanu canta!  Coro polifonico a tre voci per preadolescenti in Fa maggiore, è del gennaio 1964 ed  è dedicata “All’Ill.mo Preside Prof. Giuseppe Piscopo”, il che potrebbe farcelo credere un componimento encomiastico o gratulatorio. In realtà, la dedica resta a sé stante, sganciata dal contenuto dell’opera, che invece è un canto di gioia e di festa per Taurisano, scritto in vernacolo, in cui tutti sono invitati a ballare, suonare e gridare, fra vari suoni onomatopeici che ripetono i versi di alcuni animali come uccelli, cani, gatti e galline. L’ Italia è il paese dei mille campanili e questa canzone potrebbe far pensare a quella tendenza, così diffusa fra studiosi e insegnanti, ad esaltare oltremodo le peculiarità del proprio paese, sconfinando in una retorica che annebbia ogni capacità di giudizio critico. In realtà, bisogna tener conto del tempo in cui Crudo scriveva. Se oggi certi atteggiamenti di arroccamento potrebbero apparire sterili, anacronistici, non così in quegli anni, quando ancora l’identità nazionale era in costruzione e anzi essa si cementava proprio sul riconoscimento delle singole realtà municipali di cui l’Italia è ricca, da Nord a Sud. Pensiamo alla trasmissione “Campanile sera”, condotta da Mike Bongiorno, che puntava proprio sulla valorizzazione delle tante peculiarità culturali e linguistiche dei piccoli paesi.

“S’elevano i cantici”, marzo 1964 è un Inno augurale per l’onomastico del prof. Giuseppe Piscopo, Preside della Scuola Media di Taurisano. Questo sì, un canto agiografico in onore dell’esponente più alto in carica della Scuola. Il linguaggio usato è sempre quello tardo ottocentesco, (“S’elevano i cantici / Dai cuori frementi/ di gioia e di giubilo / sull’ala dei venti / s’effonde dell’anima / il voto augural…) che si ritrova anche nella sua vasta produzione poetica, esaminata nel già citato libro “Carmina”.

“Il biennio 1964-65”, scrive Crudo, “fu il periodo più bello, di più alta inventiva musicale e di più felice ispirazione”, malgrado le composizioni fossero state occasionate quasi tutte da ricorrenze e da eventi celebrativi particolari…”

Ave Maria,  meditazione musicale per canto e piano in Si minore, è un canto sacro che si rifà alla celebre composizione di Schubert ( ma tanti altri autori si sono cimentati con questa antifona, da Gounod a  Lisztda Verdi a Brucknera Puccini, Rossini, ecc.), ma anche alla più famosa preghiera cristiana di invocazione alla Vergine. Testimonianza, da un lato delle fede profonda sempre nutrita dall’autore (pensiamo alla “Preghiera alla Vergine” che compare in “Carmina”[10]), e dall’altro conferma dell’altezza dei suoi riferimenti musicali. “Questa meditazione musicale”, scrive lo stesso Crudo “fu composta , nel maggio 1964, in occasione del matrimonio di Gina Ciurlia, una insegnante elementare, deceduta tredici mesi dopo in giovane età”.

Nell’ Inno per la scuola media (Eleviamo un evviva!), per canto e pianoforte in La maggiore, pur nei toni enfatici che caratterizzano il componimento, si avverte forte quell’orgoglio dell’appartenenza all’istituzione scuola, non insolito nelle figure come Crudo, quelle dei maestri di un tempo, che con la scuola stessa si identificavano. Inutile dire che un rapporto del genere si è perso oggi, non solo per un generale abbassamento del livello di affezione dei docenti nei confronti dell’ente scolastico dove prestano servizio, ma anche perché, nel precariato cronico che caratterizza  la loro professione, essi permangono appena un anno in una scuola e non fanno in tempo ad ambientarvisi, che subito vengono sballottolati in un’ altra. Questo componimento venne eseguito il 14 maggio 1964 in una manifestazione organizzata dalla Scuola Media di Taurisano, nel quadro dello sviluppo del tema “Rapporti Scuola-Famiglia”.

Tantum ergo, luglio 1964, è la traduzione ritmica dal latino del celebre inno liturgico tratto dal Pange Lingua, composto da San Tommaso d’Aquino per la celebrazione della solennità del Corpus Domini. Questo inno è cantato nella celebrazione della benedizione eucaristica. Un canto sacro, dunque, come probabilmente altri Crudo scrisse o tradusse, che però non ci sono giunti.

Il canto della mamma,  marzo 1965, per solo, coro e pianoforte in Fa maggiore, ci fa tuffare, più delle altre canzoni, nelle atmosfere romantiche della scuola di un tempo e di un’ epoca perduta ma cosi rappresentativa della  nostra storia italiana. Cantare la mamma è il trionfo dei buoni sentimenti, ma oserei dire della stessa “italianità”, che si alimenta di certi stereotipi dai quali trae coscienza identitaria.  Chi non ricorda, per averla ascoltata canticchiare dai propri genitori o nonni, la celebre “Son tutte belle le mamme del mondo”, portata da Giorgio Consolini al Sanremo del 1954? O chi non ha sentito almeno una volta nella vita “Mamma”, di Beniamino Gigli, cantata anche da Luciano Pavarotti? Retoriche forse lo erano, certe canzoni, forse ridondanti, ma bisogna  tenere presente il loro pubblico di riferimento, nel caso della canzone di Crudo, la vasta platea dei bambini e delle loro mamme pronti a intonarla toto corde.  C’è da dire che la canzone di Crudo presenta un elemento di originalità, perché nel testo è la mamma che si rivolge al figlio, con un cambio di prospettiva rispetto alla tradizione in cui si esprime il pensiero del figlio verso la mamma. Ed è lo stesso autore a rivendicarlo orgogliosamente nel manoscritto sul Sabato. Una canzone dedicata alla mamma potrebbe far storcere il naso ai più cinici, anche destare una risata di sufficienza, oggigiorno.  Vero che ogni poeta nella storia della letteratura ha pagato almeno una volta nella vita il tributo alla propria genitrice. Ma di fronte ai feroci fatti di cronaca che avvengono in questi nostri anni, quando apprendiamo di delitti truculenti di figli che scannano i genitori, non guasta dedicare almeno un sorriso a questo genere di composizioni. Non è difficile intuire che le fonti di ispirazione di Crudo furono l’Ungaretti de “La madre”, il Pascoli di “Mia madre”, il De Amicis di “Se fossi pittore”. Ma a me questo componimento riporta alla memoria la bellissima anonima “Maria lavava, Giuseppe stendeva, suo figlio piangeva, dal freddo che aveva”, che tante volte da piccoli a scuola abbiamo intonato in occasione del Natale.

Fremon le brezze, per canto e pianoforte a quattro mani, scritto in un italiano aulico, esemplato sul modello dei classici, è occasionato dall’onomastico di Don Ugo Schimera, a cui si rivolge con tono solenne: “nobile voce siete del ciel, / guida di pace e di ben,/ voti eleviamo e plauso gentil…/voti eleviamo… di cuor”. “Questo inno”, scrive Crudo, “fu composto in occasione di una piccola accademia augurale, svoltasi il 1 aprile 1965, dedicato al Rev. Don Ugo Schimera, dal 1962 Parroco di Taurisano”.

Con queste canzoni, e tante altre che qui non si pubblicano, scritte per occasioni fuggevoli, quali feste di battesimo, matrimoni, compleanni di amici, l’autore dimostra di saper intonare il proprio canto anche a sentimenti più leggeri, ad una verve giocosa come per le facezie dei brindisi, delle tiritere e dei componimenti d’occasione. Sono versi che non sono poesia, ma si aprono alla necessità della poesia, ci fanno capire quanto ci sia ancora bisogno di poesia, in un tempo qual è il nostro, “degli dèi fuggiti”, come direbbe Heidegger, perché è la sola capace di riportare l’uomo al centro, sulle tracce del suo essere più profondo, che forse egli stesso ha dimenticato.

Del 1966 è la Pastorale di Natale, in Re maggiore, ovvero il canto natalizio secondo i più collaudati schemi della tradizione nostrana. La cosiddetta “recita di fine anno” è un must per ogni scuola del mondo e certamente non si poteva sottrarre quella di Taurisano, per la quale il buon Crudo, stavolta insieme al maestro Antonio Santoro per le parole, scrisse questa ispirata pastorale, in cui si invoca la discesa di Gesù Bambino, portatrice di gioia e letizia per tutti i bambini del mondo (da sottolineare la vocazione multietnica del brano). “Inserita nel programma di una Piccola Accademia scolastica “, ci fa sapere Crudo, “preparata da alunni e insegnanti della Scuola Elementare G.Carducci, ma composta sull’onda emotiva, chiaramente dall’angolazione dei bambini, della disastrosa alluvione che in quell’anno funestò le popolazioni della Toscana e del Veneto”.  Ben diversa atmosfera rispetto alla lirica “Il Natale” del dicembre 1955, pubblicata in “Carmina”[11], nella quale si poneva l’accento sul peccato che aveva tolto agli uomini la Grazia del Cielo, anche se la venuta del Divino Bambino è vista comunque come redentrice e foriera di salvezza per l’umanità perduta e corrotta. Il componimento ci fa entrare nelle calde atmosfere natalizie e titilla le nostre antiche memorie.

Frutto della felice collaborazione Crudo-Sabato è pure l’Acrostico Augurale, valzer in Re Minore. Scrive l’autore: “Nel 1967 un’altra circostanza, ancora una volta scolastica, offre lo spunto per una composizione dedicata all’insegnante Gilda Nuzzolese in Caroli, in occasione della festa di commiato dalla scuola elementare a conclusione della sua carriera scolastica. Nella forma questa composizione è un acrostico (le lettere iniziali del testo formano il nome della festeggiata), suggerito così, di getto, dal professore, mentre si stava cercando di conciliare l’ispirazione musicale con l’adattamento delle parole di un altro mio testo, diverso da quello poi risultato definitivo. All’improvviso mi disse, entusiasta, volitivo, “aspetta, perché non facciamo un acrostico musicale? Sarebbe interessante e sarebbe una novità”… E l’acrostico emerse, in lunghe ore d’impegno, di fatica, ma appassionato e incalzante. Naturalmente anche l’impostazione musicale, pur nel fascino di una nota di spontaneità chiara ed entusiasmante, dovette assumere forme diverse rispetto alla forma tradizionale dell’inno (couplet, refrain, ecc.)”. L’acrostico tradisce una vocazione perfino vagamente sperimentale, nell’esperienza del Nostro.

Termina qui il sodalizio Crudo- Sabato ma non la passione per la musica e nemmeno la sconfinata ammirazione di Crudo per il “genio musicale” del suo amico. Testimonianza ne siano le parole accorate spese nella relazione per l’Inaugurazione della Cooperativa Culturale “A.Sabato”, tenutasi presso l’Auditorium della Scuola Media Taurisano il 27 febbraio 1982, citata da De Luca [12].

 Altre canzoni di Crudo sono:

Nel 1964 un Inno a San Giovanni, di cui esegue una traduzione ritmica, ma ci manca la parte musicale.

Del giugno 1964 è la canzone Non lo so, con musica di Fernando D’Amato. “Però se m’ami /O caro ben, non so. /Perché non torni,/ Amor non so”.

Donare Inno per i Donatori di sangue, scritta con Vittorio Ciurlia, nel 1978.

I brani “Eleviamo un evviva” e “Ave Maria”, sono pubblicati anche nel libro di Aldo Sabato “Dal ritmo al canto”[13].

La musica non fu occasione d’un momento, parentesi che durasse l’espace d’un matin, per Crudo, ma passione sentita che lo accompagnò per tutta la vita. Oltre ad essere redattore di Radio Taurus a Taurisano, come già ricordato, militò insieme alla moglie nella nota “Corale taurisanese” per oltre trent’anni, fino alla morte. Si tratta di un coro itinerante, formato da uomini e donne, fondato da don Leonardo Salerno presso la Parrocchia SS.Maria Ausiliatrice, che ha riscosso molti successi in giro per la provincia di Lecce e oltre.

“Mi piace rovistare nei ricordi / di altre persone, inverni o primavere / per perdere o trovare dei raccordi /nell’apparente caos di un rigattiere”, canta Francesco Guccini, in “Vite”, “Oggetti che qualcuno ha forse amato/ ora giacciono lì, senza un padrone, / senza funzione, senza storia o stato, /nell’intreccio di caso o di ragione”.  Mi è stato gradito rovistare nei ricordi della famiglia Crudo, “perché non si fa a meno di altre vite/ anche rubate a pagine che sfogli / oziosamente, e ambiguo le hai assorbite / da fantasmi inventati che tu spogli / rivestendoti in loro piano piano / come se ti scoprissi in uno specchio”. In conclusione, sono contento di aver contribuito a far uscire questa produzione “minore” dalla congiura del silenzio cui il tempo implacabile l’avrebbe destinata, se l’affetto muliebre e la filiale pietas non l’avessero sottratta alla polvere degli anni.  La leggerezza dell’impegno, ovvero l’impegno della leggerezza: queste semplici ma ben elaborate canzoni hanno il merito di ristabilire quel contatto fra le generazioni, che non può essere altro che utile, altro che necessario.

Note

[1] Aa.Vv. Giulio Cesare Vanini: profilo biografico,  Amm. Com. Taurisano, Toraldo e Panico, 1969.

[2] Giulio Cesare Vanini: Anfiteatro dell’Eterna Provvidenza. Divino-magico-cristiano- fisico, inoltre astrologico –cattolico, Centro Studi “G.C.Vanini” Taurisano, con Introduzione di Antonio Corsano, nell’ambito della Collana di Saggi, Testi filosofici e Traduzioni diretta da Antonio Corsano, Giovanni Papuli e Franco De Paola, Galatina, Congedo Editore, 1981.

[3] Giulio Cesare Vanini: I meravigliosi segreti della Natura, Regina e Dea dei mortali” , Centro Studi “G.C.Vanini” Taurisano, Collana di Saggi, Testi filosofici e Traduzioni diretta da Antonio Corsano, Giovanni Papuli e Franco De Paola, Galatina, Congedo Editore, 1991. [1] Cfr Francesco de Paola, Attività culturali, sociali e di natura amministrativa, in Aa.Vv. Humanitas et Civitas. Studi in memoria di Luigi Crudo, a cura di  Giuseppe Caramuscio e Francesco De Paola, Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, nell’ambito della collana “Quaderni de l’Idomeneo”, Galatina,  Edipan 2010, pp.15.26.

[4] Cfr Francesco de Paola, Attività culturali, sociali e di natura amministrativa, in Aa.Vv. Humanitas et Civitas. Studi in memoria di Luigi Crudo, a cura di  Giuseppe Caramuscio e Francesco De Paola, Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, nell’ambito della collana “Quaderni de l’Idomeneo”, Galatina,  Edipan 2010, pp.15.26.

[5] Carlo Crudo, La Specchia Silva: un monumento megalitico nei pressi di Taurisano, in op.cit. , pp. 441-447.

[6] Romeo Erminio, Testimonianze, in op.cit.,  p.27.

[7] Gigi Montonato, Testimonianze, in op.cit.,  p.32. [1] Aldo Sabato, Dal ritmo al canto. Corso di educazione musicale per la scuola media. Volume primo e secondo, Mursia Editore, 1965 e 1966.

[8] Aldo Sabato, Dal ritmo al canto. Corso di educazione musicale per la scuola media. Volume primo e secondo, Mursia Editore, 1965 e 1966.

[9] Luigi Crudo, Alla luna,  in Carmina, a cura di Massimiliano e Carlo Crudo, con Prefazione di Gino Pisanò, Galatina, Congedo Editore 2010, p.86.

[10] Luigi Crudo, Preghiera alla Vergine, in op.cit. , p.65.

[11] Luigi Crudo, Il Natale,  in op.cit. , p.30.

[12] Luigi De Luca, Aldo Sabato un musicista salentino, Adda editrice 1982, P.30.

[13] Aldo Sabato, Dal ritmo al canto. Corso di educazione musicale per la Scuola Media Volume primo, Mursia Editore, 1965, p.80 e 86.

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