Al mercato dell’usato (Catelepton)

di Stefania Carofalo

Nell’opera “Al mercato dell’usato” Paolo Vincenti riprende i suoi scritti e li rielabora, li adatta rendendoli attuali, come se educasse al presente i suoi figlioli rimarcando il valore del tempo e del momento che, inesorabilmente passa e porta via con se il significato di un componimento che l’attimo dopo cambia ancora. E’ divertente il titolo perché riunisce i testi, già editi e conosciuti, rielaborati con una veste modificata o cambiata. E’ una rivisitazione del già scritto, ma tra parentesi sotto il titolo campeggia una parola latina che significa scelta spicciola ma così non è. Mette a nudo e annota ciò che va cambiato, perché è cambiato il suo punto di vista. Facile ammettere a se stessi che qualcosa di scritto o di agito, sarebbe stato meglio scriverlo sulla carta o nella vita, in altro modo, soprattutto nessuno lo evidenzia in una pubblicazione e addirittura nel titolo, ma Vincenti lo fa dimostrando un grande senso non comune di autocritica. Dedica il suo libro al lettore e lo fa in compagnia di Catullo, entrambi consapevoli dell’evanescenza del momento che termina con un quesito. Voltiamo pagina ed ecco una strofa della canzone “Al mercato dell’usato” di Renato Zero, che canta di un tempo ormai passato e della nostalgia di ritrovare un vecchio avanzo di felicità. La coincidenza col titolo del libro evidenzia il tema comune dell’inevitabile trascorrere del tempo e la malinconia dei ricordi. La sua sensibilità colpisce nelle riflessioni che fa con se stesso sullo stato raggiunto dall’uomo. Si chiede se la strada intrapresa è quella giusta, se sarà in grado agire in funzione delle variabili che la vita pone. Affida i pensieri e gli interrogativi alle pagine che li custodiscono e li tramandano al lettore, che a sua volta farà propri ogniqualvolta li leggerà.

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