Di mestiere faccio il linguista 31. La parola dell’anno

di Rosario Coluccia

In questo periodo molti giornali si dedicano a un giochino che potremmo definire Troviamo la «Parola dell’anno». Ho scritto giochino ma non si tratta di un esercizio futile né banale. La ricerca della parola dell’anno mira ad individuare la più importante parola o espressione ricorrente nella sfera pubblica durante un intero anno, quella che più di ogni altra può essere assunta a simbolo degli eventi che hanno caratterizzato la vita di una comunità in un determinato periodo di tempo. La scelta riassume l’esperienza condivisa da milioni di persone, in quanto il rapido esplodere in pochi mesi di un uso lessicale riflette le tendenze e i mutamenti in atto nella società.  Ovviamente la scelta varia di volta in volta con il mutare delle condizioni generali e in rapporto alla situazione specifica dei singoli paesi. La formula fu inventata in Germania nel 1971 e da lì si è diffusa universalmente, con etichette corrispondenti  nelle diverse lingue: «Wort des Jahres»  in tedesco,«Word of the Year»  in inglese, «Mot de l’année» in francese, «Palabra del año» in spagnolo, «Parola dell’anno» in italiano, ecc.

Non esistono organizzazioni ufficialmente preposte all’individuazione della parola dell’anno né esiste un’unica struttura per tutto il mondo, non ci può essere uniformità nell’intero pianeta. In ciascuna nazione istituzioni varie e organi di stampa propongono possibili classifiche, cercando di interpretare i fenomeni generali. Nelle diverse fasi della vita e della storia. Con soluzioni che a volte colpiscono anche per la loro inventiva, come quella fatta dalla «Fundación del Español Urgente», che ha indicato come «Palabra del año» 2019 emoticon e emoji. cioè simboli pittografici e non parole (segno dei tempi). Per la verità con un precedente significativo. Nel 2015 l’«Oxford Dictionary» aveva scelto come parola dell’anno la faccina che piange con lacrime di gioia, che nei messaggi esprime divertimento e ilarità, superando parole in gran voga, «Brexit» compresa. La faccina è ciò che riflette meglio l’ethos, l’umore e le preoccupazioni del 2015, aveva commentato il dizionario di Oxford.

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