Strano virus il pensiero

La Sella non è nuova al politicamente scorretto, lo era anche di più nel precedente libro Eros, il Dio lontano, che pure si occupava di amore. In questo, vi è, in particolare, una sezione intitolata “Persona mondo”, in cui una forte presa di posizione civile si esprime attraverso la terribilità della parola, quella terribilità, di cui parla anche Giorello nella Postfazione, che ha portato sul rogo Giordano Bruno nel 1600. Siamo sicuri, sembra chiedersi l’autrice, che oggi non stiamo vivendo un nuovo oscurantismo come ai tempi del filosofo nolano? Un oscurantismo mascherato, sottile, di cui non tutti si accorgono. Lidia Sella rifiuta ogni tipo di religione, come comodo e rassicurante approdo o come senso di protezione nell’ abbraccio caldo della fede. La sua è una visione laica, potremmo dire materialista, della vita; il culto dell’apparire che porta donne anziane a vestirsi e dipingersi come ragazzine, il crollo dei valori nelle nuove generazioni, lo sgretolamento della famiglia come agenzia educativa di primo grado, tutti questi sono i temi al centro della sua riflessione in versi. Se la prende con i politici e con i banchieri, con gli ipocriti e i vigliacchi, con l’umanità che ripete sempre gli stessi errori; nulla mai cambierà, ne è convinta l’autrice, con un fondo di pessimismo che giunge a derive nichiliste in alcuni tratti. E se di politicamente scorretto abbiamo parlato, forse il ritratto più verosimile di Lidia Sella si può trovare in quello che ella scrive in morte di Ida Magli. Nel ripercorrere la vita e le battaglie civili condotte dall’illustre antropologa, percepiamo anche lo sdegno della Sella.  “Sin dall’inizio strenua avversaria di Maastricht, aveva ravvisato in certe scelte sciagurate opera dei governanti europei, e dei loro cloni seduti al Parlamento italiano, il pericolo più grave per l’integrità di un popolo. Considerava infatti demenziale, autolesionista, e contro-natura la rinuncia alla sovranità territoriale e monetaria, condannava la perdita di identità culturale, guardava con preoccupazione e sospetto alle ondate migratorie che soffocano il Vecchio Continente, era contraria al melting-pot globale e, per lei, le missioni di pace erano semplicemente guerre. Ha smascherato i giochi loschi delle lobby al potere, ha attaccato le banche, le multinazionali, i governi occidentali, la massoneria, le case regnanti, e persino la Chiesa. Li ha accusati di connivenza, ignavia, incompetenza, disonestà, malafede, ma solo dopo aver esibito prove schiaccianti dei loro crimini e misfatti.” E più avanti: “Ecco perché l’intellighenzia di regime ne ha decretato l’isolamento. Per evitare il rischio che il suo pensiero rivoluzionario si diffonda come un virus capace di scatenare pandemie. Perché in effetti, con il grimaldello delle sue idee, la costruzione di questa Europa fasulla, e asservita agli interessi americani, potrebbe cadere come un castello di carte”. (Lidia Sella, Ida magli muore due volte, in “Bollettino elettronico Lunigiana Dantesca”, settembre 2016). Ecco, questo sembra proprio il manifesto poetico politico della silloge, espresso non nella presentazione del libro, ma nell’articolo in ricordo di un’amica scomparsa. Succede spesso che gli autori seminino tracce di sé, o addirittura le ragioni fondanti del proprio scrivere, in testi di critica letteraria o recensioni di libri altrui.  È come se l’autrice dicesse: questo è il ritratto che io vorrei per me stessa. La sua opera lascia aperte molte domande. Ma la funzione della poesia, ancora oggi nei rari esempi di funzione civile della poesia, è quella di farci porre degli interrogativi, smuovere le coscienze, spingerci a meditare sull’esistente. Nel libro vi è una sezione dedicata alla morte, in cui però il tema viene affrontato con una ironia tragica, come se al fondo di questi suoi pensieri e meditazioni l’autrice riservasse sempre un sorriso pronto sull’angolo della bocca. “Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo”, dice Leopardi nei Pensieri, “parimenti di chi è preparato a morire”.

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