Inchiostri 22. Frammenti dedicati a Carpignano Salentino, a Eugenio Barba e all’Odin Teatret

di Antonio Devicienti

Non si può cominciare se non ricordando il “baratto”, la geniale invenzione ed eredità dell’Odin Teatret: barattare culture e lingue, memorie e sogni.

Odino, Dio in sella a un cavallo a otto zampe: dio mai stanziale: andando, sempre andando.

Gli attori dell’Odin Teatret che, a Carpignano Salentino, dialogano con le donne anziane vestite di nero.

Quel filo ininterrotto teso dalla Polonia di Grotowski fino alla Danimarca: fino a noi.

Gli attori, issati sui trampoli, legati a delle funi, che volteggiano per le strade antiche del paese.

Quando il tempo del lavoro fa udire le sirene delle fabbriche o il mutare della luce dai campi coltivati, gli attori di Eugenio Barba danzano il lavoro del teatro.

Teatro in piazza, la comunità che vi si raccoglie, i bambini portano con sé i loro giocattoli.

L’universo in un guscio di noce, dice Amleto – il mondo nel palmo della mano a raccogliere il fiato dell’attore, per scagliarlo lontano.

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