La bellezza dei luoghi tra incanto e memoria

Luoghi della bellezza, la bellezza dei luoghi. La chiesa di un paese a Sud del Sud, per esempio, di un paese verso Finibusterrae, che mostra una facciata umile, dimessa. Ma poi si entra. Poi si entra in una penombra che risplende, in un silenzio che racconta la  meraviglia di figure e colori che vengono da lontano, dal Duecento, dal Trecento, da un tempo precedente. E’ la bellezza che ha l’ansia di rappresentare quello che non è rappresentabile, che vorrebbe radunare l’immensità nello spazio di un disegno. Quella chiesa, oppure un’altra, oppure un’altra ancora, nel centro storico di quel paese, oppure di un altro, o di un altro ancora, una chiesa che rappresenta tutte quelle altre che in qualche modo le somigliano, sembra che voglia contenere tutto il cielo, che richiami sotto la sua volta il cosmo intero, tutta la luce delle stelle, la sublime armonia dell’universo.  Lì, in quella chiesa, in ogni altra chiesa che in qualche maniera le somiglia, in uno dei paesi di questo Sud del Sud,  sembra che tempo e spazio non abbiano confini, che l’altezza non abbia alcuna misura, che la vastità si riveli sterminata, che bagliori, trasparenze, opacità si impastino in un’unica materia, che si accendano i miraggi della perfezione.  Una figurazione dell’infinito, dell’origine, forse anche della fine, o del passaggio da una forma all’altra forma, dell’incessante avvicendarsi di inizio e fine delle cose. Le composizioni sono, ad un tempo, rappresentazione dell’enigma e della rivelazione, dell’indimostrabile e della verità, dell’eterno e della finitudine, della tenebra impenetrabile e della luce sfolgorante, della prossimità e dell’irraggiungibile.  Sono  una soglia per il passaggio dall’umano al sovrumano, dal visibile all’invisibile, dalla concretezza  della pietra all’impalpabilità del cielo. 

E’ il senso della bellezza che s’innalza, che parte dalla terra e si proietta verso il cielo, che supera il limite del tempo e i riferimenti e le motivazioni che l’hanno generata per diventare senso delle cose che non hanno tempo.

Ancora per esempio: un’abbazia basiliana che sorveglia l’orizzonte da un’umilissima altura. Una torre di scolta a strapiombo che da secoli fa da guardia discreta all’infinito. Lo contempla. Lo interroga, forse. Con l’indecifrabile  linguaggio  della pietra. Da secoli si confronta con la luce, con gigantesche onde di luce strabiliante, grigia azzurra arancione sfavillante intenerita dura, con la trasparenza del mare che pare rivelare l’abisso, con la sua oscurità che a volte dona l’illusione che l’abisso non esista.

Luoghi della bellezza, la bellezza dei luoghi: da scoprire, da riscoprire. Un palazzo ducale che viene chiamato castello. Un campanile che racconta la leggenda di un uomo che innalzò quel campanile in una notte sola, in una sola notte di genio e di follia.

Luoghi della bellezza, in uno dei paesi a Sud del Sud, in uno di quei paesi disegnati nei versi di Vittore Fiore o Vittorio Bodini.

Sono simboli di una bellezza diffusa, alla quale ci siamo anche abituati, della quale a volte non ci accorgiamo; che a volte trascuriamo.

Luoghi della bellezza, la bellezza dei luoghi: quella bellezza che ci richiama, che ci appassiona, quella bellezza legata a questa terra, alla sua storia.

[“Nuovo Quotidiani di Puglia”, Domenica 17 ottobre 2021]

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