La cultura per capirsi in un mondo globalizzato

 di Antonio Errico

Alla fine di una lectio magistralis tenuta nell’ambito di una riunione dei ministri della Cultura nell’estate del 2015, (ora compresa in un volume intitolato “Sull’arte”), Umberto Eco disse che la diffusione della cultura e la conoscenza reciproca dei beni culturali di ogni paese può avere  una funzione positiva  e costituire uno, anche se uno soltanto, degli elementi di salvezza per un mondo sempre più globalizzato.

Potrebbe anche sembrare una considerazione generica; potrebbe anche accendere molti dubbi sulla effettiva corrispondenza alla realtà, e invece dubbi non ce ne dovrebbero essere, perché Eco non dice che la diffusione della cultura e la conoscenza dei beni culturali possano costituire un elemento di salvezza in senso assoluto. Dice che possono essere anch’essi elementi di salvezza, ovviamente nel contesto, nella convergenza, nella combinazione di tanti, molti altri elementi. Ma dalla diffusione della cultura non si può prescindere, in nessun caso e in nessuna  occorrenza, meno che mai in una situazione di globalizzazione che mette in relazione genti diverse, sistemi di pensiero e di valori diversi, un immaginario diverso, bisogni e obiettivi diversi e non di rado anche contrastanti.    

Senza la conoscenza della cultura alla quale appartiene, l’Altro non si può comprendere. Probabilmente senza la conoscenza della cultura alla quale si appartiene, non è possibile nemmeno comprendere se stessi, nella dimensione storica, antropologica. Umana. 

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