Su Beccacivetta di Maddalena Castegnaro Guidorizzi

di Antonio Lucio Giannone

Il libro di Maddalena Castegnaro Guidorizzi (Beccacivetta, Lecce, Manni, 2002) è un po’ insolito nel panorama letterario salentino sia per il contenuto (sono tutte storie di donne), sia per il genere in cui si può collocare. Il primo problema che presenta Beccacivetta riguarda infatti il genere letterario a cui appartengono gli scritti che vi sono raccolti. Un problema non solamente di carattere formale, come si potrebbe pensare, ma che  si riflette anche sul contenuto dei testi. Ebbene, non si tratta tanto di racconti, anche se si narrano delle storie, ma piuttosto di prose liriche, di frammenti, a volte assai brevi, cioè di un genere letterario a metà strada tra la prosa e la poesia, che storicamente nacque in Italia nel primo Novecento ma che poi ha continuato a coesistere per tutto il secolo accanto alla narrativa vera e propria. Non è tanto infatti il tono narrativo a prevalere, ma quello lirico, evocativo, che lascia le situazioni nel vago, nell’indistinto, tanto è vero che in qualche occasione alcuni passaggi, alcuni momenti di queste storie non si riescono a decifrare completamente. Frequenti poi sono gli inserti poetici veri e propri. Uno di questi, in particolare, come vedremo (quello di pag. 85) può costituire quasi la chiave di lettura  dell’intero libro.

            Ora, il tono delle quattordici prose presenti nel libro, che sono precedute da un prologo (ma all’inizio e alla fine ci sono altri due brevi scritti, uno che precede il prologo e l’altro che è una sorta di epilogo), il tono, dicevo, è correlato (ecco il rapporto col contenuto) a quello che è il motivo principale del libro: la fuga dalla realtà e l’abbandonarsi al sogno, al ricordo, alla fantasia, al desiderio, ecc. E infatti le parti oniriche, fantastiche, memoriali, visionarie, surreali prevalgono nettamente su quelle realistiche. A questo proposito, è significativa un’espressione di García Lorca, citata nella prosa intitolata Poeta : “Bisognava osare, sfidare il reale, entrare ‘nell’impossibile e nell’incomprensibile’ ”. Da qui anche, a volte, come dicevo, la difficoltà di riuscire a dare un senso univoco ai testi, proprio come succede nella poesia contemporanea, che, com’è noto, è caratterizzata proprio dall’ambiguità.

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