Il cortocircuito dell’arretratezza del Mezzogiorno e della sua classe politica

di Guglielmo Forges Davanzati

La divergenza fra Nord e Sud ha inizio fin dall’Unificazione. Gli storici riportano il dato per il quale, al 1861, il Pil meridionale non era sensibilmente inferiore a quello del resto del Paese. La fondamentale motivazione delle origini della divergenza è da rintracciare in una variabile geografica, legata alla logistica e ai trasporti. Gli anni successivi all’Unificazione d’Italia sono, infatti, gli anni nei quali si amplia la domanda interna in Europa, soprattutto come conseguenza della prima rivoluzione industriale in Germania. Le produzioni del Nord, considerati gli elevati costi di trasporto in quella fase, trovano, per conseguenza, consumatori più ricchi, più vicini, più numerosi. Si attiva, così, un meccanismo che, seguendo il premio Nobel 1975 Gunnar Myrdal, si definisce causazione circolare cumulativa. Una volta, cioè, determinatasi l’agglomerazione di imprese in una determina area – in questo caso, al Nord – per l’operare di economie di scala, quell’area diventa un attrattore di investimenti provenienti da altre aree. Cresce dunque il Pil nell’area già ricca e si riduce, sia in termini assoluti, sia in termini relativi, la ricchezza prodotta nell’area inizialmente già povera. Un’economia di mercato deregolamentata produce, per questa via, crescenti diseguaglianze territoriali e lo fa spontaneamente. Il meccanismo si autoalimenta e non si arresta spontaneamente: l’aumento dei redditi nell’area ricca spinge i lavoratori, particolarmente quelli più qualificati, a emigrare dall’area più povera, generando, anche per questo meccanismo, guadagni di produttività nella prima e, simmetricamente, perdite di produttività nella seconda. L’evidenza empirica disponibile mostra che le divergenze regionali in Italia sono costantemente in aumento, proprio in relazione al periodo nel quale è stato minore l’intervento pubblico correttivo (a partire, in particolare, dallo smantellamento della Cassa per il Mezzogiorno e dalla privatizzazione dell’IRI) e più evidente la scommessa nelle virtù salvifiche del mercato, come le migrazioni intellettuali siano un fattore di massima rilevanza nell’alimentare queste divergenze e come questo si traduca in significative perdite di produzione industriale al Sud.

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