Bar Florida

Il Signore del Fuoco (tratto da Di tanto tempo, 2010) è una prosetta che fa il paio con la poesia Brucia, che è invece inedita (Pyreus è un personaggio ripescato da un vecchissimo fumetto della Marvel). Anche Fiori, abbondantemente rimaneggiata, è tratta da Di tanto tempo (Questi sono i giorni), il libro del 2010. Quanto ai racconti, da Gardner (come deve andare…) a Uno strano rigattiere, passando per I disastri del progresso sull’isola di Lilliput (tratti dal libro Di tanto tempo), su di essi non mi dilungo e rimando ai commenti nella Postfazione.

In Here comes the Tarzan, si mette in scena il celebre personaggio, inventato dallo scrittore americano Edgar Rice Burroughs, collocato in un contesto drammaticamente attuale.

ProsasticaUna giornata cubista (un po’ menefreghista) e Dolce, lievemente ritoccati rispetto alle versioni originali, sono tratti da Di tanto tempo (Questi sono i giorni).

Troy (da La bottega del rigattiere) è un divertissement colto in cui si dà fondo all’umore comico e tagliente. Se non l’hai capito è una prosetta pirotecnica e sarcastica in linea con la mia scrittura degli esordi.

Si beve e Dolce Bacco, inedite, rientrano, invero con poca originalità, nel filone delle “dionisiache”: un filone che è stato per me molto prolifico negli anni e nel quale si ascrivono: Sera dionisiaca, Strega, Bacco perbacco! (da L’una e due), Brindisi, Primavera greca, Cachinna, Banchetto (da L’una e tre), E tricche ballacche, Conviviale, Dionisiaca, Simposio, Il tempo di Dioniso, Canti e ri-canti (Orfici), Notte dionisiaca, Morsi e ri-morsi, Vendemmia, A banchetto, Ai vecchi tempi, Pizzica (La notte di San Paolo), Tarantancora (da La bottega del rigattiere e poi da Al mercato dell’usato). Sallentum, pubblicata in rivista, è una dichiarazione d’amore nei confronti della terra madre ma al tempo stesso un duro atto di accusa contro le sue storture, corruzioni e credulonerie.

Chiude il libro la prosa In transito (precedentemente pubblicata in rivista).

La principale esigenza alla base di questo libro, dunque, è stata quella di revisionare i testi scritti in passato, alla ricerca di quella pulizia formale di cui li ritenevo manchevoli: “maiore cura quam ingenio”, avrebbe detto Quintiliano, ossia con maggiore cura per l’aspetto formale che con ispirazione, forse. E in effetti la mancanza di vero talento è un tema caro alla mia scrittura, me ne soffermo in particolar modo nel racconto L’istrione e poi nelle già citate prose finali. L’impossibilità di avvicinarmi al genio, di sfiorarne l’ala, ha perseguitato in passato i miei giorni, ha funestato le mie notti. Oggi, finalmente affrancato dall’avvilimento, posso ben dire di me, pacificato e consapevole, di essere quello che l’immenso Leonardo definiva un “bon litterato sanza naturale”, dove al termine “natura” si potrebbe giustapporre quello di “ingegno”.

Avrei voluto intitolare la presente raccolta Stromata, titolo che si traduce con “tappeti”, un’opera dello scrittore cristiano Clemente Alessandrino, del II Secolo d.C.. Poi, per tema che il solito criticone, quello che i latini definivano subductisupercilicarptor, ossia “colui che aggrotta le sopracciglia” (a cui ho dedicato una spassosa poesia nella mia raccolta Saturae del 2021) potesse accusarmi di eccessiva erudizione, ho pensato di intitolarlo Silvae, come la celebre opera di Papinio Stazio. Ma convinto che anche in questo caso non sarei stato risparmiato dall’accusa di pedanteria, ho scelto il titolo Bar Florida, che suona più moderno e meno impegnativo, anche se nel termine florida vi è un rimando ai “fiori”, ossia le opere principali della letteratura latina, e quindi al “florilegio”, nel senso di antologia di brani di varia natura.

Voglio infine ringraziare Anna Stomeo e Carlo Stasi per i preziosi scritti, iniziale e finale, che arricchiscono questo libro.

[Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo la Premessa al suo ultimo libro, Bar Florida, Agave Edizioni, 2022]

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