Su Mistandivò di Livio Romano

di Antonio Lucio Giannone

Livio Romano si è fatto conoscere con un racconto compreso nell’antologia Disertori. Sud: racconti dalla frontiera (Torino, Einaudi, 2000), nel quale narrava in maniera, ironica e scanzonata le vicende di un giovane meridionale alle prese con i problemi della prima occupazione. Ora ripresenta con Mistandivò (Torino, Einaudi, “Stile libero 2001), una raccolta di nove racconti, che costituiscono una sorta di continuum narrativo, in quanto sono legati tra di loro dalla presenza di personaggi e ambienti comuni. Anche qui, al centro dell’interesse di Romano c’è il mondo giovanile del Sud, quello che lui, anche per motivi generazionali, conosce meglio, indagato sia nelle situazioni di disagio e di difficoltà, sia nei momenti di svago e divertimento, ma sempre con un atteggiamento irridente e disincantato.

Lo sfondo ambientale di questi racconti è costituito il più delle volte dal Salento, del quale l’autore, nato a Nardò, in provincia di Lecce, riesce ad offrire un’immagine non convenzionale. Quello descritto da Romano, infatti è il Salento profondamente cambiato di questi ultimi tempi, una terra che ha fatto notevoli progressi in campo economico e sociale, ma che rischia di perder propria identità e di omologarsi ad altre parti del mondo, anche nei comportamenti, nelle abitudini di vita dei suoi abitanti, soprattutto dei più giovani.

I protagonisti del libro di Romano sono dunque un gruppo di amici, tutti intorno ai trent’anni, dei quali, nei vari pezzi che lo compongono, si seguono le vicende sia nei paesi d’origine sia in altre zone, dove spesso sono costretti a spostarsi per motivi di lavoro. Anzi è proprio il rapporto tra il Salento e alcuni centri del Nord a caratterizzare, quasi emblematicamente, quest’opera fin dal titolo che allude a una storpiatura settentrionale dell’espressione salentina “sta mi ndi vò” (“me ne sto andando”).

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